Fecondazione assistita senza spermatozoi
La fecondazione assistita senza spermatozoi è possibile, per la prima volta al mondo, in Italia, è nato un bambino maschio sano mediante un processo di fecondazione in vitro di ovociti da parte di cellule germinali testicolari. L'intervento che ha permesso la nascita del bimbo è stato coordinato dal Prof. Ermanno Greco, uno dei maggiori specialisti italiani sulla infertilità della coppia, direttore del Centro di Medicina e Biologia della Riproduzione dell'European Hospital di Roma, struttura all'avanguardia nel campo delle tecniche di fecondazione assistita. I dettagli della tecnica adottata dal Prof. Greco saranno pubblicati sulla rivista Fertility and Sterility, una delle più prestigiose riviste mediche che si occupano di riproduzione umana.
Purtroppo il padre del bambino presentava una particolare malattia genetica, la sindrome di Klinefelter. Questa patologia, individuata dal medico omonimo nel 1942, è causata dalla presenza di un cromosoma supplementare del sesso. La sindrome di Klinefelter è la forma più comune fra le anomalie della differenziazione sessuale con un'incidenza pari a circa 1/600 maschi (Nielsen J et al. 1991; Bojesen et al. 2003). Nel 25-50 per cento dei soggetti con questa sindrome si trovano spermatozoi nei testicoli e mediante la tecnica TESE (testicular sperm extraction) è possibile sfruttare delle tecniche di fecondazione assistita.
L'esperto spiega che, nel paziente italiano, la sindrome di Klinefelter aveva determinato l'assenza totale di cellule germinali nel testicolo e ci si trovava quindi in una situazione di assenza completa di spermatozoi nel liquido seminale (azoospermia). Il Prof. Greco, illustrando alcuni procedimenti della terapia, ha spiegato che la prima cosa che è stata fatta è stata quella di "cercare" gli spermatozoi in questo paziente, o meglio trovare cellule che potessero farne le veci, pur in uno stadio di minore maturità. Successivamente, mediante una tecnica microchirurgica di prelievo testicolare multiplo, sono state raccolte e congelate alcune cellule germinali mature idonee per il processo di fecondazione.
La tecnica adottata dall'équipe presentava delle probabilità di successo molto basse. Anche se non si fosse proceduto con la fase di congelamento la percentuale di buon esito si sarebbe attestata intorno al 10 -15 per cento, dei numeri molto bassi rispetto al 40 per cento delle tecniche convenzionali di procreazione assistita che utilizzano spermatozoi veri.
La fase successiva della fecondazione assistita ha interessato la madre, le cellule opportunamente scongelate sono state iniettate nelle uova congelate della donna e si è attesa la nascita degli embrioni. In seguito, gli embrioni sono stati trasferiti nell'utero della donna durante un ciclo naturale, cioè senza altri interventi di preparazione o stimolazione ormonale, portando a termine la gravidanza e partorendo un bambino maschio totalmente sano nonostante la patologia genetica paterna.
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