Caffè e pressione alta
Gli effetti del caffè sulla pressione sono spesso al centro di ricerche scientifiche, e sopratutto chi soffre di ipertensione legge con interesse queste informazioni perché, più di altri, deve prestare attenzione all'alimentazione. La pressione alta, un disturbo abbastanza diffuso nei paesi industrializzati, colpisce indifferentemente sia le donne che gli uomini. Tenerla sotto controllo, aiutati anche dalla dieta, è molto importante per prevenire la comparsa di diverse patologie più o meno gravi, in alcuni casi ci sono però dei paradossi come ad esempio nel caso della caffeina.
In base a un'indagine condotta presso l'Università di Palermo, basta un solo espresso per far rallentare il flusso sanguigno, una situazione che contribuisce ad aumentare la pressione. Questa condizione non è considerata una malattia ma è un fattore di rischio da non sottovalutare. L'ipertensione è una condizione che incrementa la probabilità di incorrere i malattie cardiovascolari quali: infarto miocardico, ictus cerebrale e angina pectoris. Individuare le cause di una pressione alta è quindi importante per prevenire diverse patologie. Silvestre Buscemi, ricercatore presso l'Università di Palermo e primo autore dello studio pubblicato sull'European Journal of Clinical Nutrition (Acute effects of coffee on endothelial function in healthy subjects - Doi: 10.1038/ejcn.2010.9), spiega che nel breve termine il caffè può creare alcuni disturbi al sistema cardiocircolatorio ma nel lungo periodo aiuta a prevenire diversi disturbi cardiovascolari (una sorta di "paradosso del caffè").
Dopo aver bevuto una tazzina di caffè si ha un effetto vasocostrittore su vene e capillari, una condizione che può ridurre di oltre un quinto (circa il 22 per cento) la velocità del flusso sanguigno verso il cuore. Tale riduzione non è stata invece rilevata nel caso del decaffeinato, è infatti la caffeina che agisce su alcune sostanze chimiche che hanno la funzione di mantenere i vasi sanguigni dilatati.
L'effetto della caffeina sul breve termine è stato osservato nel corso di un'indagine che ha coinvolto 20 volontari, 10 donne e 10 uomini, facendo bere loro, a intervalli regolari di 5-7 giorni, una tazzina di espresso decaffeinato o normale. Lo studio, di tipo randomizzato in doppio cieco, ha evidenziato che la pressione sanguigna aumenta in modo significativo dopo un espresso ma non dopo un caffè senza 1,3,7-trimetilxantina (sostanza comunemente nota come caffeina).
Precedenti ricerche avevano evidenziato che il caffè, nel lungo periodo, ha effetti protettivi sulla salute del cuore e riduce il rischio di diabete, questo aumento della pressione è però un paradosso in quanto l'ipertensione è notoriamente collegata ad un aumento del rischio di patologie a carico dell'apparato cardiocircolatorio. Giovanni Cerasola, coordinatore dello studio e direttore del dipartimento di Medicina Interna - Malattie Cardiovascolari e Renali dell'Università di Palermo, spiega che una possibile spiegazione di questo "paradosso del caffè" potrebbe essere ricondotta agli antiossidanti contenuti nel caffè e alla caffeina. Se da una parte la 1,3,7-trimetilxantina sortisce un effetto vasocostrittore nel breve periodo, sul lungo periodo ci sono dei benefici riconducibili agli antiossidanti, quali ad esempio gli acidi clorogenici, presenti nella bevanda.
Spesso i risultati di alcune ricerche possono creare un po' di smarrimento nelle persone, il consiglio degli esperti è quello di essere sempre prudenti. Nel caso del caffè, ad esempio, molto dipende anche dalla situazione individuale. Se si è affetti da diabete, o si hanno delle malattie cardiovascolari, è consigliabile limitare il caffè caffeinato a non più di 1 o 2 tazzine al giorno. I pazienti diabetici, in particolar modo, dovrebbero evitare di assumere la bevanda a fine pasto. Questa raccomandazione viene fatta perché in seguito ad alcuni studi si è osservato che la caffeina sembrerebbe ridurre la capacità del pancreas di produrre insulina, una situazione di sicuro indesiderata in caso di diabete. Proprio per questo motivo, le persone diabetiche potrebbero orientarsi verso il caffè decaffeinato così da poterlo prendere anche dopo pranzo senza problemi.
Se si vuole bere un caffè con un quantitativo inferiore di caffeina, senza però ripiegare su un caffè decaffeinato, si può optare per una miscela di pura arabica, rispetto alla robusta ne contiene infatti circa la metà.
Percentuale di caffeina: differenza tra arabica e robusta
- Caffeina nella miscela arabica: tra lo 0,9 e l'1,7 per cento
- Caffeina nella miscela robusta: tra l'1,6 e il 2,8 per cento
Nello studio pubblicato sull'European Journal of Clinical Nutrition si è rilevato che una tazzina di caffè non decaffeinato può aumentare la pressione, se però si osservano i dati di un'indagine condotta da un gruppo di ricercatori del Centre hospitalier universitaire vaudois (CHUV) di Losanna, si scopre che questo aumento della pressione avviene solo in un primo momento, nel lungo periodo sembra invece contribuisca a ridurla, come avviene quando si inizia a fare jogging. Gli esperti evidenziano però che l'effetto della caffeina è determinato anche dalla genetica (caffè e tolleranza individuale alla caffeina) e le persone che fumano non beneficiano di questo abbassamento della pressione.
Idris Guessous, primo autore dello studio svizzero pubblicato su Human Molecular Genetics (Caffeine intake and CYP1A2 variants associated with high caffeine intake protect non-smokers from hypertension - Doi: 10.1093/hmg/dds137), evidenzia che in base ai dati raccolti si è scoperto che una tazzina di caffè al giorno riduce la pressione fino a 9 mm/Hg. Anche se la caffeina può far salire rapidamente la pressione, con il tempo si verifica un effetto simile a quello che si osserva con la corsa (un aumento iniziala che tende successivamente a scendere grazie ad un allenamento costante).
Il dato è emerso nel corso di un'indagine che ha coinvolto circa 16 mila bevitori di caffè. Nel corso della ricerca si è inoltre rilevata una correlazioni tra diverse varianti del gene CYP1A2 e l'intensità del consumo della bevanda. Tale gene svolge un ruolo determinante nella metabolizzazione della caffeina da parte del fegato. Gli individui con una particolare variante genetica più "performante" tendono a consumare più caffè e presentano, mediamente, una pressione arteriosa più bassa rispetto agli altri soggetti. Tale beneficio viene però meno se si è fumatori. Fumare sigarette può infatti interferire sui processi collegati al gene CYP1A2.
Valori pressione arteriosa alterati se si beve caffè
In alcuni casi ci potrebbe essere un errata diagnosi di ipertensione se si beve una tazzina di caffè occasionalmente. Se dovete misurare la pressione sanguigna, o dovete sottoporvi ad un esame dove rileveranno tale valore, potrebbe essere opportuno astenersi dal consumo della bevande nei due giorni che precedono l'esame. Tale rischio viene corso nel caso di bevitori occasionali di caffè, nessun problema invece per quelle persone che consumano mediamente più di tre tazzine a settimana.
Questa ricerca, che conferma in parte quanto pubblicato su Human Molecular Genetics, dimostra ancora una volta che un consumo costante del caffè "allena" certi meccanismi fisiologici dell'organismo che appaiono differenti in quelle persone che bevono una tazzina solo occasionalmente. I risultati dello studio sono stati pubblicati sull'American Journal of Hypertension (Coffee-Antihypertensive Drug Interaction: A Hemodynamic and Pharmacokinetic Study With Felodipine - Doi: 10.1093/ajh/hpw081).
Un team di ricercatori canadesi del Western University and Lawson Health Research Institute, coordinato da John Malcolm Arnold, ha monitorato l'effetto del consumo di caffè sulla pressione sanguigna in un gruppo di 13 pazienti , con un'età media di 52 anni, senza problemi di ipertensione. Tutti i volontari sono stati sottoposti a tre test distanziati di una settimana l'uno dall'altro. Dopo una settimana di astensione dalla caffeina, per i successivi sette giorni dovevano riprendere a consumare quotidianamente caffè. L'analisi dei dati ha permesso così di scoprire che bastano due soli giorni di astinenza per eliminare ogni traccia della caffeina, dopo questo periodo bastava però bere una sola tazzina per far salire immediatamente la pressione.
David G. Bailey, primo autore della ricerca, evidenzia che anche una sola tazzina di caffè potrebbe compromettere l'effetto anti-ipertensivo di questi farmaci. Il medico, rilevando valori molto al di fuori della norma, potrebbe decidere di raddoppiare la dose prescritta, un problema non da poco perché non si tiene conto degli effetti nei momenti in cui non si beve caffè.
Questo avvertimento vale comunque solo per quelle persone che bevono caffè meno di tre volte a settimana, per i consumatori abituali non ci sono problemi anche se si beve il caffè il giorno prima di fare la visita.
Pressione alta e alimentazione
Sale, vino e caffè sono tre alimenti che molti esperti consigliano di ridurre se si soffre di pressione alta. Il sale è un alimento fondamentale per il nostro organismo ma quando è troppo fa male, in caso di ipertensione è il primo ingrediente da ridurre nella propria dieta.
In caso di pressione alta, piccoli quantitativi di vino si possono bere senza problemi, alcune sostanze contenute in esso aiutano infatti a proteggere il cuore e i vasi sanguigni. Il consiglio è però quello di bere vino solo durante il pranzo o la cena. Si sconsiglia il consumo di altre bevande alcoliche, sopratutto se hanno una gradazione elevata. Per non incidere in maniera significativa sulla pressione sanguigna si possono assumere circa 30 grammi di etanolo, corrispondenti a più o meno a 250 ml di vino.
Per quanto riguarda il caffè è bene non esagerare con il consumo, anche se in alcuni casi abbiamo visto che può contribuire a ridurre la pressione, non tutti siamo uguali e alcune persone potrebbero essere più sensibili di altre alla caffeina. Meglio quindi non superare le 2 tazzine anche se in alcuni studi si consiglia di non superare le 4 tazzine al giorno.
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