Ginseng e semi di lino, due rimedi naturali
Il ginseng e i semi di lino, due elementi utilizzati normalmente nella medicina alternativa, potrebbero essere rivalutati anche dalla medicina tradizionale. Il ginseng si è dimostrato utile nell'alleviare la fatica cronica dei pazienti con cancro, i semi di lino, invece, hanno evidenziato delle proprietà bloccanti verso alcune forme tumorali come quelle alla prostata.
Gli studi che hanno dimostrato la reale efficacia del ginseng e dei semi di lino nella terapia dei tumori, associata comunque a trattamenti tradizionali come chemioterapia e chirurgia, sono stati presentati in occasione del 43° Congresso dell'Associazione Americana di oncologia clinica (Asco) organizzato dall'American Society of Clinical Oncology (Chicago 1-5 giugno 2007).
I ricercatori che hanno esaminato le proprietà del ginseng e dei semi di lino nel campo oncologico sembrano non aver dubbi, pur precisando che saranno necessari ulteriori studi, hanno reputato importante che i risultati ottenuti fino ad ora potessero essere messi a disposizione degli altri esperti del campo. Per far ciò quale evento migliore se non il Congresso dell'ASCO che riunisce ogni anno circa 25.000 esperti oncologici.
Bruce D. Cheson, ematologo presso l'ospedale dell'Università di Georgetown (Washington DC, USA), spiega che la medicina alternativa, o complementare, nel trattamento del cancro è molto diffusa, fino ad oggi mancavano però degli studi scientifici che dimostrassero l'effettiva efficacia di tali sostanze. I due studi presentati al congresso sono davvero incoraggianti e aprono nuove prospettive che permetteranno di migliorare la qualità della vita dei malati di cancro.
Non tutte le sostanze della medicina alternativa hanno però superato l'esame dei test scientifici, se il ginseng si è rivelato un toccasana contro la fatica cronica e i semi di lino si sono dimostrati efficaci nel bloccare il tumore alla prostata, non altrettanto buono è stato lo studio sull'estratto di cartilagine di squalo. Alcuni ritenevano che l'estratto di cartilagine di squalo possedesse effetti anticancro, gli studi hanno invece dimostrato che la sopravvivenza dei pazienti, nello specifico quelli affetti da cancro al polmone, era inalterata.
Lo studio pilota che ha esaminato le proprietà del ginseng nel combatte la fatica cronica, uno degli effetti collaterali più comuni e debilitanti del cancro e dei suoi trattamenti, è stato condotto da Debra Barton, oncologa presso la Mayo Clinic di Rochester (Minnesota). Per 8 settimane sono stati seguiti 282 pazienti divisi in gruppi, a 141, utilizzati come gruppo di controllo, è stato somministrato un placebo, l'altra metà è stata ulteriormente divisa in tre sotto gruppi ai quali giornalmente venivano somministrati rispettivamente 750, 1000 e 2000 mg di ginseng. Secondo l'esperta, anche se ulteriori approfondimenti saranno obbligatori, i risultati ottenuti sono stati molto soddisfacenti in quanto nel 27 per cento dei pazienti che hanno assunto 1000 mg di ginseng si è registrata un'attenuazione della fatica. In merito al ginseng arriva anche un avvertimento da parte degli esperti USA, spiegano che sarebbe meglio evitare gli integratori al ginseng venduti nei grandi magazzini o in altri luoghi poco controllati (per esempio Internet), spiegano, infatti, che potrebbero essere pericolosi per scarsa qualità e sicurezza.
L'altro studio, relativo ai semi di lino, è stato condotto da Wendy Demark, oncologa presso il Duke University Medical Center (Durham). In base ai risultati ottenuti, i semi di lino, ricchi di Omega 3, possono contribuire a bloccare la crescita del tumore della prostata. Lo studio multicentrico di fase II ha seguito 161 pazienti ai quali era stato diagnosticato un tumore alla prostata, nella dieta di una parte questi erano stati integrati 30 grammi di semi di lino che dovevano essere assunti giornalmente per i trenta giorni precedenti all'operazione. Dopo la rimozione dell'organo malato, gli oncologi hanno riscontrato che nel gruppo trattato con i semi di lino vi era stata una crescita inferiore, fra il 30 e il 40 per cento, delle cellule tumorali rispetto ai pazienti trattati con placebo.
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