Interferone-alpha e tumori, si studia una nuova cura
Sfruttando delle tecniche di terapia genetica si possono utilizzare le cellule del sangue per portare farmaci ai tumori. Un gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano è riuscito ad insegnare alle cellule che fanno crescere i tumori come produrre un potente anticancro naturale, l'interferone-alpha. I dettagli dello studio sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista internazionale Cancer Cell (Ottobre 2008).
Lo studio è stato coordinato da Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica e professore presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con Michele De Palma, ricercatore dell'Unità di angiogenesi e targeting tumorale dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele. Sfruttando la terapia genetica si è riusciti ad insegnare ad una popolazione di cellule del sangue che contribuisce alla crescita dei tumori, a produrre una potente proteina anticancro, l'interferone-alpha. Per il momento questa tecnica è stata sperimentata su alcune cavie di laboratorio con ottimi risultati. I tumori, esposto all'azione dell'interferone, hanno ridotto considerevolmente la loro crescita.
Gli esperti spiegano che l'interferone-alpha è normalmente sintetizzato dalle nostre cellule e, sebbene uno dei suoi compiti sia quello di difenderci dalle infezioni virali, si è dimostrato efficace nel bloccare la moltiplicazione delle cellule tumorali. E' proprio per quest'ultima proprietà che l'interferone-alpha è stato utilizzato nella pratica clinica per il trattamento del cancro, in particolare del carcinoma del rene, del melanoma e di alcune forme di leucemia.
L'interferone-alpha ha però un limite, presenta un'efficacia limitata a causa delle attuali difficoltà ad indirizzarlo in dosi adeguate nella sede del tumore. In studi precedenti si è cercato di risolvere il problema utilizzando alte dosi di interferone spesso però con effetti tossici tali da richiedere l'interruzione della terapia. La tecnica messa a punto dai ricercatori del San Raffaele risolve il problema del sovradosaggio in quanto sono riusciti a far produrre l'interferone direttamente all'interno del tumore grazie alle cellule TEM, cellule del sangue che favoriscono la crescita dei tumori e la cui particolare funzione era stata individuata proprio da questo stesso gruppo di ricercatori. Grazie a questo nuovo approccio terapeutico in futuro si potranno mettere a punto nuove tecniche per somministrare l'interferone direttamente all'interno dei tumori.
Come è stato possibile insegnare alle cellule TEM a produrre l'interferone? Spiega Michele De Palma, che ha eseguito lo studio insieme Roberta Mazzieri, ricercatrice del San Raffaele: "Grazie alla terapia genica, nuove istruzioni genetiche per questa funzione sono state inserite all'interno di cellule staminali del sangue. Queste cellule sono state in seguito trapiantate in cavie affette da tumore. All'interno dell'organismo, le staminali hanno attecchito e generato, tra le altre cellule del sangue, anche le cellule TEM. Queste hanno raggiunto il tumore e lì hanno rilasciato l'interferone. Questo farmaco naturale ha rallentato e, in alcuni casi, bloccato lo sviluppo del tumore o limitato la diffusione delle metastasi." Sin dal precedente studio, l'identificazione delle cellule TEM e la loro attrazione nei tumori aveva suggerito ai ricercatori che queste cellule potessero essere utilizzate come "cavalli di Troia" per somministrare bio-farmaci in modo selettivo. Con questo sistema, infatti, il farmaco viene rilasciato in maniera continua e solo nel tumore, senza gli effetti tossici frequentemente osservati con le modalità convenzionali di somministrazione.
Luigi Naldini spiega che il trapianto di cellule staminali del sangue è già adottato nel trattamento di alcuni pazienti oncologici, in futuro si potrebbe pensare di associare alla chemioterapia o altre terapie antitumorali convenzionali anche il trapianto di queste cellule modificate con la terapia genica. L'esperto conclude evidenziando che, nonostante gli ottimi risultati ottenuti fino ad ora sulle cavie di laboratorio, per sperimentare queste tecniche sull'uomo bisognerà attendere i risultati di ulteriori studi clinici che richiederanno alcuni anni.
Le cellule TEM
Le cellule TEM rappresentano circa l'uno per cento dei globuli bianchi del sangue, appartengono alla famiglia dei monociti e si distinguono dalle altre cellule perché esprimono un recettore per fattori angiogenetici (responsabili, cioè, della creazione dei vasi sanguigni), chiamato Tie2 e da cui deriva il nome, Tie2 Expressing Monocytes, TEM. Già nelle primissime fasi di crescita, il tumore "recluta" dal circolo sanguigno le cellule TEM; queste cellule, mediante un meccanismo ancora da chiarire, promuovono la formazione dei nuovi vasi tumorali. E' noto che i monociti migrano dal circolo sanguigno ai tessuti, inclusi i tumori, dove maturano in macrofagi. Diversi studi hanno dimostrato che i macrofagi possono avere attività sia anti-tumorali sia pro-tumorali. Per esempio, i macrofagi possono indurre una risposta infiammatoria nel tumore che può ostacolarne la crescita, ma anche favorire l'angiogenesi e quindi la crescita. Solo i tessuti che richiedono la formazione di nuovi vasi, come i tumori e poche altre condizioni patologiche o fisiologiche associate alla riparazione dei tessuti, richiamano le cellule TEM dal sangue e ne sfruttano l'attività.
Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti dell' Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dell'Unione Europea (FP6 Tumor-Host genomics), e alla partecipazione dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica.
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