Complicanze acute del diabete
Le complicanze acute del diabete, come accennato nella parte introduttiva (Conseguenze del diabete), sono più frequenti nel diabete di tipo 1 ma, in alcuni casi, potrebbero verificarsi anche nel tipo 2. Le principali conseguenze acute (si parla di malattia acuta quando la comparsa di sintomi e segni è "violenta" e avviene in un breve lasso tempo) riconducibili alla malattia sono:
Chetoacidosi
La chetoacidosi diabetica è uno scompenso metabolico acuto che si manifesta quando l'organismo non riesce a utilizzare il glucosio come energia a causa della carenza assoluta o parziale di insulina. Può essere la prima manifestazione del diabete mellito di tipo 1 misconosciuto, questa situazione rappresenta circa il 20 per cento di tutti i casi. Nella maggior parte delle situazioni, circa l'80 per cento, si tratta però di una complicanza dei pazienti diabetici di vecchia data che non incrementano adeguatamente il fabbisogno di insulina in corso di malattie intercorrenti.
Alcune malattie acute intercorrenti (malattie concomitanti con il diabete), sopratutto se caratterizzate da stati febbrili, possono contribuire ad aumentare il fabbisogno insulinico. L'organismo di un diabetico, a parità di dosi, in caso di febbre tende ad utilizzare l'insulina meno efficacemente rispetto ad una situazione di buona salute. La causa potrebbe dipendere, in parte, dall'aumentata produzione di alcuni ormoni che contrastano l'effetto dell'insulina. Questa condizione fisica potrebbe quindi richiedere un aumento delle dosi dell'insulina.
Ci sono però anche altri aspetti da tenere in considerazione. Capita abbastanza frequentemente, sopratutto in caso di bambini ma non solo, che gli stati febbrili siano accompagnati da vomito e inappetenza, condizioni che a loro volta possono portare ad un aumento della formazione di corpi chetonici (acetone). Queste situazioni possono aumentare il rischio opposto, ipoglicemia, con la conseguente necessità di ridurre le dosi di insulina.
Nei casi in cui la chetoacidosi non venga adeguatamente curata in tempi brevi, la glicemia supera i valori di 500 mg/dl. Questa condizione porta a una notevole eliminazione di glucosio con le urine in concomitanza a una perdita di acqua per effetto osmotico. Si instaura una situazione di estrema disidratazione e il diabetico presenta una marcata secchezza della cute e delle mucose (lingua, labbra). C'è inoltre una notevole riduzione della pressione arteriosa accompagnata da un aumento della frequenza cardiaca (tachicardia). Questa condizione può progredire fino a portare al coma chetoacidosico.
Come prevenire la chetoacidosi in caso di malattie intercorrenti
Per sapere se è il caso di ridurre o aumentare la dose di insulina quando un diabetico ha delle malattie concomitanti bisogna attenersi a poche regole ben precise:
Effettuare l'automonitoraggio della glicemia più frequentemente rispetto al solito, in questo modo si ha un parametro più preciso della concentrazione di zucchero nel sangue e si può calcolare meglio la dose di insulina.
Verificare la presenza di acetone: sia l'alito che le urine emanano un inconfondibile odore di acetone, un odore che si avvicina molto a quello della frutta matura. La conferma la si può però avere utilizzando delle apposite cartine che a contatto con le urine assumono una particolare colorazione (in farmacia potete chiedere delle strisce reattive per la diagnostica rapida nelle urine).
In assenza di vomito, nella maggior parte dei casi, può essere sufficiente la dose abituale di insulina. Eventuali supplementi si possono però somministrare a seconda dei valori della glicemia letti sul glucometro.
In caso di vomito, si potrebbero effettuare solo le iniezioni estemporanee di insulina ogni circa 4 ore con dosi da valutare in base ai valori della glicemia letti sul glucometro prima della somministrazione.
In qualsiasi situazione è importante non sospendere mai la terapia insulinica.
Sindrome iperglicemica iperosmolare
La sindrome iperglicemica iperosmolare (SII o HHS dall'inglese Hyperosmolar Hyperglycemic State) è una condizione, potenzialmente letale, che insorge con una frequenza maggiore nelle persone anziane affette da diabete di tipo 2. Tutte le patologie che portano a una marcata disidratazione, o a una ridotta attività dell'insulina, possono portare a questa sindrome, in circa il 35-50 per cento dei casi si presenta però come esordio di diabete (un diabete non ancora diagnosticato) o non adeguatamente controllato.
Quando c'è un innalzamento eccessivo del glucosio, grave iperglicemia con livelli superiori a 600 mg/dl, l'organismo cerca di compensare rimuovendo parte dello zucchero grazie al lavoro dei reni con un conseguente aumento della minzione (espulsione dell'urina). Se non ci si reidrata adeguatamente, in modo da compensare i liquidi persi, o si fa l'errore di bere bevande zuccherate, si rischia un picco glicemico e il sangue diventa più denso (una condizione nota come iperosmolarità plasmatica). È una situazione abbastanza rischiosa perché l'organismo inizia a prelevare "acqua" dai vari organi compreso il cervello.
Coma iperosmolare
Se la SII degenera può portare al coma iperosmolare non chetosico, una compromissione dello stato di coscienza, accompagnata a volte anche da convulsioni, conseguente ad un'estrema disidratazione e all'iperosmolarità plasmatica.
Acidosi lattica
L'acidosi lattica, nota anche come iperlattatemia, è una grave acidosi metabolica (un accumulo di acidi nell'organismo) ad elevato gap anionico (un disavanzo tra due equilibri, anion gap in inglese) dovuta ad un aumento del lattato plasmático. Una situazione di acidosi lattica è caratterizzata dai seguenti sintomi:
- Difficoltà di respirazione
- Disturbi gastrointestinali (alitosi, nausea, vomito)
- Disturbi neurologici (confusione, sonnolenza, letargia)
- Ipotensione (bassa pressione arteriosa)
- Secchezza della pelle
- Tachicardia
I sintomi tendono a peggiorare con il progredire dell'acidosi lattica, se non si interviene prontamente si può arrivare al coma lattacidemico. Alcuni soggetti sono più esposti al coma lattacidemico, per esempio pazienti diabetici anziani in trattamento con particolari biguanidi, una categoria di farmaci ipoglicemizzanti orali, quali ad esempio la metformina.
Ipoglicemia
Si parla di ipoglicemia quando c'è un eccessivo abbassamento, al di sotto di 50 mg/dl, della concentrazione plasmatica di glucosio. È probabilmente la complicanze acuta del diabete più frequente. Il rischio maggiore si corre durante le ore notturne e nell'intervallo fra i pasti.
Uno stato di ipoglicemia può essere conseguente a un'attività fisica non prevista (per esempio una corsa per raggiungere in tempo l'autobus che sta per partire), al mancato rispetto degli orari dei pasti o della tipologia della dieta, un errore (in eccesso) nel calcolo delle dosi dell'insulina o degli ipoglicemizzanti orali.
Principali sintomi dell'ipoglicemia
- cambiamento di personalità
- difficoltà di risveglio
- indebolimento della vista
- irritabilità
- incubi notturni
- malessere generale
- mal di testa
- palpitazioni cardiache
- pallore
- tremori
- sudorazione
- sonnolenza
- spossatezza
- senso di debolezza
- sensazione di fame
Classificazione dell'ipoglicemia
- Ipoglicemia grave: una condizione caratterizzata da sintomi neurologici che necessitano l'intervento di terzi per l'assunzione di glucosio o glucagone.
- Ipoglicemia sintomatica: sono presenti sintomi tipici associati al riscontro di glicemia documentata uguale o inferiore a 70 mg/dl, il paziente è capace di riconoscerla e autogestirla.
- Ipoglicemia asintomatica e Hypoglycemia unawareness: assenza di sintomi ma riscontro di glicemia uguale o inferiore a 70 mg/dl.
- Ipoglicemia probabile: Sintomi tipici riferiti dal paziente, ma non documentati mediante determinazione della glicemia.
- Ipoglicemia relativa: Sintomi tipici riferiti dal paziente, ma associati a un riscontro di glicemia superiore.
Un piccolo approfondimento sull'Ipoglicemia senza sintomi e l'ipoglicemia inavvertita (Hypoglycemia unawareness): alcuni pazienti diabetici, anche con valori della glicemia molto bassi (inferiori a 70 mg/dl), non avvertono i classici sintomi dell'ipoglicemia. Si tratta di una situazione molto pericolosa perché, in mancanza di campanelli d'allarme, non si mettono in atto quelle misure utili a contrastare la riduzione di glicemia e, di conseguenza, si può arrivare a una concentrazione di zucchero nel sangue molto bassa (anche 20 mg/dl) finendo direttamente in coma ipoglicemico.
Una situazione di Hypoglycemia unawareness (ipoglicemia inavvertita) non è permanente, si tratta di una diminuzione della soglia dei livelli glicemici che portano all'attivazione dei campanelli d'allarme e, di conseguenza, il diabetico risulta asintomatico anche con livelli glicemici decisamente patologici. Modificando la terapia ipoglicemizzante, ed evitando di arrivare a valori di glicemia inferiori a 70mg/dl per alcune settimane, si possono ripristinare le normali funzioni dell'organismo e si ripresentano i classici sintomi dell'ipoglicemia.
In caso di ipoglicemia lieve si possono assumere dei carboidrati ad assorbimento lento (per esempio: 100 grammi di frutta, 30 grammi di pane o 2-3 biscotti non dolci). Se c'è invece un'ipoglicemia moderata, o severa senza perdita di coscienza, è fondamentale assumere immediatamente carboidrati ad assorbimento veloce.
Carboidrati ad assorbimento veloce utili in caso di ipoglicemia moderata
- Un cucchiaio da minestra "raso" di zucchero, miele o marmellata
- Un succo di frutta
- Un bicchiere di spremuta d'arancia
- Una tazza da 200 cl di latte con 2 zollette di zucchero
- 40 g di cioccolata al latte
- 5-6 caramelle (corrispondenti complessivamente a circa 25 grammi)
- 4 zollette di zucchero (una zolletta pesa mediamente 4 grammi)
Per precauzione, tutti i diabetici dovrebbero avere sempre con loro alcuni carboidrati facili da trasportare quali ad esempio: caramelle, cioccolato, zollette o bustine di zucchero.
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