Prevenzione tumore al seno e vaccino
Come prevenire un tumore al seno? Esistono alcuni fattori che possono incrementare l'incidenza di un carcinoma mammario, in loro presenza può quindi essere utile sapere come ridurre il rischio. Sempre più spesso si sente parlare immunoterapia oncologica e, con molta probabilità, questo sarà il futuro della cura del cancro. Già oggi, in alcuni casi, si possono seguire le cosiddette terapie a bersaglio molecolare (targeted therapy), tecniche che permettono di migliorare notevolmente la salute e la qualità della vita di molti pazienti. Si comincia anche a parlare di vaccino per il tumore al seno, non si tratta però di un vaccino preventivo ma di tipo terapeutico. Anche l'Italia è in prima linea nella ricerca e, nel corso del 2018, inizierà una sperimentazione di fase III presso l'Istituto Nazionale Tumori - IRCCS "Fondazione G.Pascale".
In campo oncologico, come accennato, nella maggior parte dei casi l'obiettivo della vaccinoterapia non è quello di prevenire l'insorgenza di un tumore, viene infatti adoperata per curare i pazienti che ne sono già affetti (vaccinazione terapeutica). Si parla invece di vaccinazione preventiva quando l'obiettivo è quello di prevenire la malattia, un esempio sono i vaccini anti-influenzali. Esistono due casi dove i vaccini possono essere utili anche per prevenire i tumori. Sia l'epatocarcinoma, tumore maligno del fegato, che il carcinoma della cervice uterina, possono essere prevenuti grazie alla vaccinazione. In questi casi il vaccino agisce contro gli agenti infettivi coinvolti nell'insorgenza delle due neoplasie (vaccinazione preventiva).
Almeno per ora, in oncologia, l'obiettivo principale della vaccinoterapia rimane quello di stimolare la risposta immunitaria contro il tumore, un processo che si riesce ad ottenere mediante l'utilizzo di antigeni tumorali che vengono somministrati sotto diverse forme. In questo modo il sistema immunitario riesce a concentrare le difese in maniera mirata sulle cellule tumorali con un conseguente miglioramento dell'efficacia delle terapie tradizionali.
Nel corso di diversi studi si è osservato che il sistema immunitario, in alcuni casi, non svolge efficacemente la sua funzione e non elimina eventuali cellule tumorali, di conseguenza, queste possono riprodursi e crescono indisturbate. Grazie alla vaccinoterapia si riesce ad aumentare, e se assente si induce, il riconoscimento delle cellule neoplastiche da parte del sistema immunitario del paziente affetto da tumore. In questo modo l'organismo genera un'adeguata risposta cellulare e/o degli anticorpi diretti verso specifici antigeni tumorali. Si riesce così a spezzare quella condizione di "tolleranza immunologica" indotta dal tumore e si eliminano le cellule trasformate.
Sulla superficie delle cellule tumorali possono essere presenti alcune proteine, o frammenti di proteine, note come antigeni tumore-associati (TAA), queste possono essere espresse anche sulle cellule normali ma, nel caso di cellule neoplastiche, sono presenti in modo abnorme per quantità. Esiste anche un altro gruppo di antigeni noti come tumore-specifici (TSA), in questo caso sono espressi esclusivamente sulle cellule tumorali. Gli antigeni tumore-specifici (TSA) sono quasi sempre riconosciuti come antigeni estranei e, di conseguenza, si innesca una riposta immunitaria spontanea, lo stesso però non avviene sempre in caso degli antigeni tumore-associati (TAA).
Il sistema immunitario, in particolar modo nel corso della progressione neoplastica, non sempre riesce a riconoscere e distruggere le cellule neoplastiche. Le cause possono essere diverse: alcune cellule tumorali riescono ad eludere la sorveglianza immunitaria adattandosi ad un microambiente sfavorevole, in altri casi ci potrebbe invece essere un'alterazione del sistema immunitario del paziente affetto da tumore.
La sperimentazione che nel 2018 si condurrà presso l'Istituto Nazionale Tumori - IRCCS "Fondazione G.Pascale", l'unica struttura oncologica italiana a prenderne parte allo studio, coinvolgerà complessivamente 350 pazienti con carcinoma mammario triplo-negativo (una variante molto aggressiva che rappresenta circa il 15 per cento di tutti i tumori al seno). Nel nostro paese l'indagine sarà supervisionata da Michelino De Laurentiis, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Oncologia Senologica dell'Istituto nazionale tumori "Fondazione Pascale" di Napoli.
Prima di proseguire con le informazioni relative alla sperimentazione del vaccino terapeutico, apriamo una piccola parentesi sulla classificazione dei tumori al seno. La diagnosi di tumore al seno è il primo passo per individuare la cura migliore, la prima distinzione riguarda la sede di origine: ci sono quelli che si sviluppano dalle cellule dei dotti, sono noti come carcinomi duttali e costituiscono circa l'85 per cento di tutti i casi, e quelli che si originano nei lobuli, noti come carcinomi lobulari.
La distinzione morfologica è solo una prima fase di analisi, successivamente si valutano altri elementi quali: recettori di estrogeni, di progesterone ed eventuale sovra-espressione del recettore HER-2. A seconda dei risultati, si sceglieranno i farmaci che possono colpire in maniera mirata questi recettori. Nei casi in cui un tumore risulti negativo a questi tre recettori, ci si trova davanti ad un tumore al seno triplo negativo. Questi carcinomi sono attualmente quelli più difficili da trattare perché, a differenza degli altri tipi, non si hanno dei farmaci specifici e, di conseguenza, presentano una prognosi più sfavorevole. Il cancro al seno triplo negativo comporta inoltre un maggior rischio di metastasi in particolar modo a carico di organi quali fegato e polmone, il motivo risiede nel fatto che la loro diffusione è più ematologica che linfatica (le cellule tumorali tendono a diffondersi principalmente attraverso la circolazione sanguigna e non attraverso il sistema linfatico).
Alla luce di queste informazioni si capisce quanto sia importante la sperimentazione che potrebbe migliorare notevolmente la prognosi anche per le donne con tumore triplo-negativo. La somministrazione del vaccino "anti Globo H-KLH" è adiuvante all'intervento chirurgico al seno, non ha quindi l'obiettivo di sostituire la pratica chirurgica. Il vaccino, somministrato subito dopo l'intervento, ha l'obiettivo di migliorare la risposta immunitaria aumentando, di conseguenza, i tassi di guarigione.
La struttura partenopea avrà un ruolo primario nello sviluppo del vaccino messo a punto dalla OBI pharma Inc (una piccola biotech di Taiwan). La sperimentazione, oltre che negli Usa, sarà condotta anche in Spagna, Francia e Germania, presso il Pascale di Napoli si condurranno però ulteriori sperimentazioni affiancando al vaccino diverse combinazioni di farmaci immunoterapici già disponibili. Michelino De Laurentiis spiega che la risposta immunitaria scatenata dai farmaci utilizzati risulta essere troppo generica e per questo motivo non è sempre efficace, grazie ai vaccini terapeutici si riesce invece a focalizzare una risposta immunitaria altamente specifica contro il tumore, in teoria potenzialmente più efficace e con meno effetti collaterali.
Fattori di rischio per il tumore al seno
Il tumore al seno è attualmente il tumore più frequente tra la popolazione femminile, alla base della neoplasia sono stati individuati alcuni fattori di rischio quali ad esempio l'età.
Al momento della prima diagnosi, più del 65 per cento dei casi riguardano donne con più di 65 anni. L'incidenza aumenta in maniera esponenziale verso i 50 anni, c'è poi una fascia dove il tasso non varia (in alcuni casi si ha addirittura una leggera regressione), per poi riprendere a crescere con un tasso di crescita leggermente inferiore dopo il periodo della menopausa.
Analizzando i dati di diverse indagini si può notare una stretta relazione tra gli ormoni femminili e il carcinoma mammario, vediamo quali possono essere i fattori ormonali collegati alla malattia. La terapia ormonale sostitutiva (TOS), effettuata dopo una certa età, può aumentare il rischio di tumore al seno. Attualmente, superata una certa età, la TOS viene prescritta molto meno frequentemente rispetto al passato, si è inoltre rilevato che le donne giovani alle quali viene prescritta la terapia ormonale sostitutiva (per compensare una menopausa precoce o un intervento di ovariectomia) non presentano un tasso di incidenza di tumore al seno sovrapponibile a quello delle coetanee che non seguono la terapia.
Se da una parte, una prima gravidanza precoce e l'allattamento al seno possono ridurre il rischio, dall'altra, la nulliparità (condizione della donna che non ha mai partorito) e la mancanza di latte materno o periodo di allattamento breve (inferiore ai sei mesi) possono invece favorire la formazione di un carcinoma mammario. Un altro possibile fattore, sempre di tipo ormonale, è l'uso prolungato di contraccettivi orali. Le donne che utilizzano la pillola anticoncezionale per lungo tempo, in proporzione alla durata del trattamento e ad altri fattori di rischio, presentano un maggior rischio di tumore al seno (cresce anche il rischio di tumore alla cervice uterina). L'effetto della pillola è comunque reversibile, dopo circa 10 anni dall'interruzione del trattamento il rischio torna ad essere nella norma. Un maggior rischio di tumore al seno è stato rilevato anche in quelle donne con menarca precoce (prima degli 11 anni), menopausa tardiva (dopo i 55 anni) e prima gravidanza tardiva (una gravidanza dopo i 40 anni).
Tra i fattori di rischio legati alla salute troviamo alcune patologie mammarie benigne, quale ad esempio l'iperplasia atipica (una condizione precancerosa che colpisce le cellule del seno), il sovrappeso e l'obesità dopo la menopausa. Ci sono poi alcuni fattori legati allo stile di vita, per esempio l'eccessivo consumo di alcol per molto tempo.
Per quanto riguarda i fattori genetici, solo il 5-7 per cento di tutti i casi di tumore al seno sono riconducibili a mutazioni ereditarie. Non basta però un solo parente per supporre di essere a rischio di tumore al seno per via di un difetto genetico ereditario, ci può essere invece un possibile rischio se i familiari colpiti dalla malattia sono due o più e, sopratutto, se la malattia è stata diagnosticata ad ambedue i seni o in giovane età . In questi casi, può essere sufficiente un semplice prelievo di sangue per accertare l'eventuale presenza di mutazioni genetiche (quando presenti, anche se si ha un rischio maggiore, non vi è comunque la certezza che insorga un tumore).
Prevenire il tumore al seno
Non tutti i fattori di rischio elencati in precedenza sono modificabili ma, anche se non esiste ancora una reale prevenzione primaria per il tumore al seno, ci sono piccoli accorgimenti che si possono prendere. Per prevenire un tumore al seno sono molto importanti gli esami di controllo (prevenzione secondaria), grazie ad essi si riescono ad individuare quelle donne che presentano una patologia in uno stadio iniziale dove i sintomi non sono ancora evidenti e le probabilità di guarigione sono maggiori. L'autopalpazione è il primo strumento di "prevenzione" e per questo tutte dovrebbero sapere in cosa consiste, alcune informazioni in merito potete trovarle nell'articolo "Tumore al seno senza noduli: elenco di tutti i sintomi visibili".
Anche se età, storia riproduttiva, familiarità, neoplasie e trattamenti pregressi non sono dei fattori modificabili, secondo alcuni studi sembra che un'adeguata attività fisica possa svolgere un ruolo protettivo nei confronti della malattia. Ulteriori benefici si potrebbero ottenere anche facendo attenzione alla dieta. Se si modificano alcuni stili di vita non si può azzerare il rischio di tumore al seno ma sarà possibile ridurne la probabilità di insorgenza.
Abbiamo precedentemente detto che le terapie ormonali e i contraccettivi orali possono incrementare il rischio di carcinoma mammario, tale rischio non è però uniforme in tutte le fasce d'età. Per quanto riguarda i TOS (farmaci a base di progesterone e estrogeno, assunti dopo la menopausa per alleviarne i disturbi), è stato appurato che possano incrementare lievemente il rischio di sviluppare un tumore al seno, tale rischio non sussiste nei caso si assumano prima dei 50anni (per esempio in caso di menopausa precoce o indotta). Per quanto riguarda i contraccettivi orali, il rischio oncologico è basso nelle utilizzatrici più giovani ma il mondo scientifico nutre dei dubbi sul loro utilizzo superata una certa età. Sembra non ci siano particolari problemi per le donne di età inferiore ai 40 anni ma devono essere assunti con mota cautela superata questa età. Può comunque essere utile valutare caso per caso l'opportunità di una contraccezione orale soppesando il rapporto rischio/beneficio sopratutto nlle pazienti ad alto rischio oncologico.
Statisticamente, il rischio di tumore al seno è più alto per le donne che dopo la menopausa si trovano in una condizione di sovrappeso o obesità. Anche un eccesso ponderale nel periodo della pubertà è associato ad un incremento del rischio di tumore al seno in età adulta. Questo può essere legato al fatto che nel tessuto adiposo in eccesso vi è una maggiore produzione di insulina e di estrogeni che contribuiscono a stimolare la proliferazione cellulare. Il controllo del peso, sopratutto in questi due periodi critici, è quindi abbastanza importante per prevenire il tumore al seno.
Una regolare attività fisica riduce il rischio di sviluppare un carcinoma mammario. Per avere dei benefici non bisogna essere per forza degli atleti, basterebbe camminare a passo spedito per 30 minuti al giorno cinque giorni alla settimana. Questa attività aiuta a mantenere il peso corporeo sotto controllo, favorisce l'aumento delle difese immunitarie e contribuisce a equilibrare i livelli ormonali.
Un altro elemento molto importante è l'alimentazione. Una dieta troppo ricca di grassi e di zuccheri raffinati, un apporto scarso di frutta fresca e verdura con frequente consumo di carni rosse, non incrementa solo il rischio di tumore al seno ma anche altre malattie. Diverse ricerche hanno evidenziato quanto possa essere importante la dieta mediterranea, basta seguire questo regime alimentare per ridurre notevolmente il rischio di tumori e altre patologie. L'attenzione non va rinvolta solo verso la qualità del cibo ma anche verso la quantità, non bisogna infatti eccedere con le calorie introdotte. L'apporto calorico deve essere calcolato in base al peso, all'età e al tipo di attività fisica svolta.
Infine, è bene porre attenzione anche verso altri comportamenti a rischio quali il consumo di alcolici e il fumo. Fumare non solo aumenta il rischio di tumore del polmone, della bocca e della vescica, questo vizio è collegato anche ad altre patologie oncologiche compreso il tumore al seno. Anche l'alcol va consumato con moderazione perché il rischio di tumore al seno aumenta proporzionalmente al quantitativo assunto.
Per ulteriori informazioni, relative soprattutto alla prevenzione secondaria, vi rimandiamo ai seguenti approfondimenti:
Approfondimenti sull'argomento
Cerca nel sito
Se non hai trovato quello che ti serve, o vuoi maggiori informazioni, utilizza il motore di ricerca