Alzheimer, sintomi precoci e cure preventive con vaccino
La diagnosi precoce dell'Alzheimer e la cura della patologia prima dell'esordio dei sintomi sono due degli obiettivi che la medicina spera di conquistare nei prossimi anni. Con l'aumento dell'aspettativa di vita la lotta delle malattie legate alla vecchiaia è molto importante, fra le vari sfide vi è il mantenimento delle prestazioni cognitive che possono essere compromesse ad esempio dal morbo di Alzheimer. Un importante contributo arriva dai laboratori australiani della Flinders University di Adelaide, un gruppo di ricercatori ha messo a punto una tecnologia che contribuirà alla realizzazione di un vaccino in grado di contrastare la demenza nei suoi stadi iniziali. Lo studio è stato pubblicato su Nature (Alzheimer's disease AdvaxCpG- adjuvanted MultiTEP-based dual and single vaccines induce high-titer antibodies against various forms of tau and Aß pathological molecules - doi: 10.1038/srep28912).
Il team di ricercatori australiani, in collaborazione con l'Institute of Molecular Medicine e l'University of California, sta lavorando a un vaccino per l'Alzheimer in grado di agire sulle proteine anormali beta-amiloidi e tau che sono alla base del morbo. Secondo alcune stime, la sperimentazione sull'uomo dovrebbe iniziare nel 2018 e già verso il 2020 il vaccino potrebbe essere utilizzabile sul larga scala.
Nikolai Petrovsky, uno dei ricercatori che ha preso parte allo studio, evidenzia che i farmaci sperimentati fino ad ora non si sono dimostrati abbastanza efficaci, sebbene riescono a indurre i giusti anticorpi essi sono in un numero tropo esiguo per poter dare dei risultati apprezzabili.
Il primo autore della ricerca, Hayk Davtyan, spiega che le nuove sostanze che si stanno sperimentando sono in grado di generare una risposta nell'organismo 1000 volte maggiore, in questo modo il sistema immunitario è in grado di eliminare le proteine tossiche "ripulendo" il cervello. L'obiettivo è quello di realizzare un vaccino preventivo somministrabile, ad esempio, a tutti i 50enni in modo da immunizzarli prima che la malattia insorga. Il vaccino non avrà pero solo un'azione preventiva, Hayk Davtyan evidenzia che potrebbe essere utilizzato anche per invertire a posteriori determinati sintomi già presenti.
La cura delle malattie è un elemento centrale per la salute delle persone, prima inizia maggiori saranno le probabilità di guarigione, la diagnosi precoce ricopre perciò un ruolo cruciale. Sebbene oggi non si può ancora guarire dall'Alzheimer, è importante diagnosticarlo precocemente perché si possono attuare delle procedure in grado di rallentarne il decorso. Secondo alcuni studiosi, esiste un particolare gene associato al morbo di Alzheimer che può influire già sulle capacità cognitive dei bimbi piccoli.
Presso i laboratori del Massachusetts General Hospital di Charlestown, negli Stati Uniti, e dell'Università delle Hawaii, si è scoperto che i bambini che ereditano un particolare gene collegato all'Alzheimer presentano un ippocampo, un'area del cervello deputato a selezionare le informazioni da trasferire alla memoria a lungo termine, più piccolo del 5 per cento. I risultati di questa indagine sono stati pubblicati su Neurology (Gray matter maturation and cognition in children with different APOE e genotypes - doi: 10.1212/WNL.0000000000002939).
Linda Chang, prima autrice dello studio, spiega che i dati sono frutto di un'indagine condotta su 1.187 bambini e ragazzi di età compresa tra 3 e 20 anni (un campione costituito per un 52,1 per cento da maschi e per il 47,9 per cento da femmine). Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a una scansioni cerebrale e dovevano effettuare alcuni test che avevano l'obiettivo di valutare la memoria e le capacità cognitive. Dall'indagine si è scoperto che non solo l'ipocampo dei bambini che presentavano il gene Apoe4 era percentualmente più piccolo, ma essi ottenevano anche dei punteggi più bassi nei test.
Gli esperti si sono concentrati in particolare sul gene APOE, localizzato sul cromosoma 19, perché in precedenti studi la variante ApoE4 è stata associata allo sviluppo dell'Alzheimer (tale gene può essere trasmesso da uno o entrambi i genitori e determina un aumento del rischio di circa 3 volte di sviluppare la malattia). I piccoli che presentano l'allele e4 dell'APOE (ApoE4), rispetto ai coetanei senza tale variante, totalizzavano mediamente un punteggio inferiore del 50 per cento sui test delle abilità cognitive, il divario era evidente però solo fino agli otto anni (dopo questa età i risultati dei due gruppi risultano infatti mediamente allineati). Questa nuova informazione può essere molto utile perché potrebbe contribuire alla realizzazione di nuove cure e può indicare quali sono quelle persone a rischio di demenza in futuro.
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