Alzheimer e arginina, possibili cause e cure
I fattori che possono causare l'Alzheimer sembrano essere numerosi, per il momento non è stata individuata una causa certa univoca e la ricerca scientifica non ha ancora scoperto cosa potrebbe curare definitivamente questa patologia neurodegenerativa. Secondo i ricercatori della Duke University un particolare aminoacido, l'arginina, potrebbe essere collegato alla patologia. Nel corso di alcuni esperimenti si è visto che un tipo di cellule del sistema immunitario del cervello, le microglie, quando iniziano a consumare quantità considerevoli di arginina si dividono e contemporaneamente "compare" l'Alzheimer. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience (Arginine Deprivation and Immune Suppression in a Mouse Model of Alzheimer's Disease - doi: 10 1523 / JNEUROSCI 4668-14 - Aprile 2015).
Matthew J. Kan, primo autore dello studio, spiega che per il momento i test sono stati condotti solo su cavie da laboratorio. I risultati ottenuti sono però molto interessanti e, per la prima volta, si è analizzato un fenomeno mai osservato in precedenza che potrebbe contribuire allo sviluppo di una nuova cura. Bloccando il processo con un particolare inibitore enzimatico, noto come a-difluorometilornitina o DFMO, si riduce il consumo di arginina da parte delle microglie, di conseguenza si riduce sia il numero di queste cellule che delle placche amiloidi (formazioni extracellulari strettamente associata all'Alzheimer).
Per condurre la sperimentazione i ricercatori hanno utilizzato alcune cavie da laboratorio modificate geneticamente in modo tale che il loro sistema immunitario potesse essere simile a quello umano. Trattandosi di fenomeni osservati su delle cavie non si ha però la certezza che nell'uomo avvenga la stessa cosa, il prossimo passo sarà quindi quello di verificare se quanto scoperto è presente anche nell'uomo. Se i dati saranno confermati, si potrebbe aprire un nuovo modo completamente diverso di pensare l'Alzheimer e non solo si potrebbe bloccare la malattia ma addirittura si ipotizza di invertire il suo corso.
Attualmente l' a-difluorometilornitina è già utilizzata in una serie di sperimentazioni contro alcuni tipi di tumore, in futuro potrebbe però diventare anche un'arma utile per la cura dell'Alzheimer. Per il momento la medicina non dispone di nessun farmaco in grado di fermare o far regredire l'Alzheimer, i pazienti che presentano uno stadio lieve della malattia vengono trattati con dei farmaci (come tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina) che puntano semplicemente a contenere i sintomi. La speranza è quindi quella che i risultati osservati sulle cavie siano verificati anche sull'uomo.
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