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L'apnea notturna aumenta il rischio di Alzheimer?

Apnea notturna e Alzheimer

Se si hanno frequenti risvegli e russamento cronico si potrebbe essere in presenza di una patologia nota come apnea notturna, una condizione che si ipotizza possa essere legata a un maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Il legame tra l'apnea notturna e il morbo di Alzheimer è stato esaminato nel corso di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della New York University School of Medicine. I risultati sono stati presentati in occasione della conferenza annuale dell'American Thoracic Society di Philadelphia (Maggio 2013).

I ricercatori evidenziano che attualmente non è chiaro quale sia il rapporto tra le due patologie, l'apnea notturna potrebbe essere uno dei primi sintomi dell'Alzheimer (quando è ancora in una fase preclinica) ma non si esclude neanche il contrario: l'apnea notturna potrebbe essere una delle concause dell'Alzheimer. Ricardo Osorio, docente presso la NYU School of Medicine, spiega che durante lo studio si è scoperto che gli anziani che soffrivano di problemi di respirazione durante il sonno presentavano dei particolari marcatori simili a quelli rilevati nei pazienti colpiti da Alzheimer.

Per condurre lo studio i ricercatori hanno coinvolto 68 volontari, con un'età media di 71 anni, che non presentavano problemi cognitivi. Tutti i volontari sono stati dotatati di uno strumento diagnostico per il monitoraggio cardio-respiratorio notturno, in questo modo si è potuto valutare un eventuale problema respiratorio durante il sonno e la severità del quadro mediante l'indice di apnea-ipopnea (numero di apnee ed ipopnee per ora di sonno).

Dall'analisi dei dati della qualità del sonno si è rilevato che il 25 per cento dei pazienti presentava dei problemi respiratori durante il sonno di una certa entità mentre circa la metà soffriva di problemi respiratori durante il sonno di lieve entità. Nessuno lamentava però problemi di insonnia o di concentrazione.

Successivamente i ricercatori hanno eseguito una serie di esami diagnostici per verificare la presenza dei primi segni del morbo di Alzheimer. Si è tenuto conto di fattori quali: P-Tau, T-Tau e Abeta42 in CSF, FDG-PET (per misurare il metabolismo del glucosio), Pittsburgh compound B (PiB) PET al fine di misurare i livelli di amiloide. Infine, attraverso la risonanza magnetica, è stato misurato il volume dell'ippocampo.

Inizialmente dai dati non era emerso niente di rilevante ma, prendendo in considerazione anche la massa corporea, si è poi scoperto che nei pazienti più magri (quelli con un BMI inferiore a 25) che presentavano anche disturbi respiratori del sonno, come l'apnea notturna, vi era una maggiore presenza di biomarcatori specifici e non specifici legati al rischio di Alzheimer. Nei pazienti con BMI superiore a 25 non sono stati invece rilevati dei parametri collegabili al rischio di Alzheimer significativi.

Ricardo Osorio spiega che i dati raccolti evidenziano solo una correlazione. Il sonno è importante per la memoria, e il sonno cambia quando si invecchia. Con l'avanzare della vecchiaia vi è inoltre un aumento dell'interruzione del respiro durante il sonno. Attraverso i dati raccolti non si può però dire se queste persone svilupperanno l'Alzheimer in futuro ne l'entità di un eventuale rischio.

Ora i ricercatori dovranno condurre ulteriori studi sul rapporto di causalità fra le due patologie per scoprire quale delle due provoca l'altra. Se si dovessero scoprire dei cambiamenti nei biomarcatori potrebbe voler dire che l'apnea notturna sta "causando" l'Alzheimer. I ricercatori concludono evidenziando che allo stato attuale ogni ipotesi può essere plausibile: l'Alzheimer potrebbe essere la causa delle apnee ma queste potrebbero anche semplicemente coesistere con i disturbi del sonno come conseguenza dell'invecchiamento.


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