Epatite C, possibili benefici dal caffè
Tre tazzine al giorno di caffè, nei pazienti affetti da epatite C, potrebbero rallentare la degenerazione della malattia prevenendo la cirrosi epatica. Un nuovo studio, questa volta condotto dal dottor Neal Freedman del National Cancer Institute (NCI), evidenzia ancora una volta i possibili benefici del caffè sulla salute del fegato. I risultati della ricerca sono stati pubblicati qualche mese fa sulla rivista scientifica Hepatology (Luglio 2009).
Le conclusioni dello studio sono frutto di un'indagine che ha coinvolto 766 pazienti affetti da epatite C cronica. I ricercatori hanno constatato che l'assunzione quotidiana di circa due o tre tazzine di caffè al giorno, dopo un periodo di 4 anni, riduce mediamente del 53 per cento la progressione della malattia epatica rispetto a chi non consuma abitualmente caffè. L'autore della ricerca evidenzia che i risultati raccolti dovranno ora essere confermati da studi più approfonditi.
Alcune informazioni sull'epatite C
L'agente infettivo, il virus HCV (Hepacavirus) fa parte della famiglia dei Flaviviridae. Sono stati identificati sei diversi genotipi e oltre 90 sub-tipi. Ancora non è chiaro se ci siano differenze nel decorso clinico della malattia per i diversi genotipi, ma ci sono differenze nella risposta dei diversi genotipi alle terapie antivirali.
L'infezione acuta da HCV è assai spesso asintomatica ed anitterica (in oltre i 2/3 dei casi ). I sintomi, quando presenti sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea , vomito, febbre, dolori addominali ed ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%). L'infezione acuta diventa cronica in una elevatissima percentuale dei casi, stimata fino all'85%. Il 20-30 % dei pazienti con epatite cronica C sviluppa nell'arco di 10-20 anni una cirrosi e l'epatocarcinoma può evolvere da una persistente cirrosi da HCV in circa l'1-4% dei pazienti per anno.
La distribuzione del virus è universale. L'infezione colpisce circa il 3% della popolazione mondiale. I soggetti infettati da HCV sono 3,5-5 milioni e circa 4 milioni negli Stati Uniti. In Italia la percentuale di soggetti infetti va dal 3 al 12 % della popolazione generale con un gradiente che cresce in senso nord-sud e con l'età. Una frequenza particolarmente elevata dell'infezione è stata riscontrata in alcuni paesi africani come il Camerun e l'Egitto.
Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, ma per lo più varia nell'ambito di 6-9 settimane. La trasmissione avviene principalmente per via parenterale apparente ed non apparente. Sono stati documentati anche casi di contagio per via sessuale, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l'HBV .L'infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi. Il controllo delle donazioni di sangue , attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-HCV, ha notevolmente ridotto il rischio d'infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.
A tutt'oggi non esiste un vaccino per l'epatite C e l'uso di immunoglobuline non si è mostrato efficace. Le uniche misure realmente efficaci sono rappresentate, dalla osservanza delle norme igieniche generali, dalla sterilizzazione degli strumenti usati per gli interventi chirurgici e per i trattamenti estetici, nell'uso di materiali monouso, nella protezione dei rapporti sessuali a rischio.
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