Terapia dopo infarto e colesterolo alto
Dopo un infarto è importante seguire la terapia per tenere un livello di colesterolo LDL basso (sotto di 70 mg/dL) e una pressione arteriosa sotto controllo (sotto i 130 mmHg di massima e 80 mmHg di minima). Se ci si attiene alle raccomandazioni della terapia post infarto si può ridurre del 25 per cento il rischio di un secondo evento avverso. Nel nostro Paese, ogni anno, si registrano circa 135.000 casi di infarto del miocardio, un terzo dei quali risulta fatale per l'infartuato. Nei due anni successivi a un infarto c'è un alto rischio (circa il 60 per cento) di essere colpiti nuovamente, evento che nel 30 per cento dei casi è riconducibile a una nuova sindrome coronarica acuta (SCA o ACS dall'inglese Acute Coronary Syndrome). Per sensibilizzare i cittadini a seguire le terapie post infarto, l'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), la onlus Conacuore e la fondazione "per il Tuo cuore", hanno messo a punto la campagna Amico del cuore - Dopo l'infarto il colesterolo conta.
Gli esperti spiegano che è molto importante tenere bassi i livelli di colesterolo, sopratutto dopo un infarto miocardico. Purtroppo, in base ai dati raccolti, spesso i pazienti infartuati non riescono a tenere il livello di colesterolo LDL sotto di 70 mg/dL, una situazione riconducibile il più delle volte a una scarsa aderenza alle terapie. A un anno dall'evento, l'aderenza alla terapia è già bassa e circa il 25 per cento dei pazienti sopravvissuti all'infarto abbandona i farmaci prescritti incrementando considerevolmente (in alcuni casi fino al 50 per cento) il rischio di complicanze che possono contribuire a un secondo attacco.
Antonio Amico, Direttore dell' Unità Operativa di Cardiologia-UTIC presso l'Ospedale San Giuseppe da Copertino (Lecce), evidenzia che nel primo anno dopo l'evento coronarico acuto la mortalità extraospedaliera raggiunge circa 12 per cento e di questa il 10 per cento è dovuta a recidiva di infarto miocardico. In base ad alcune indagini, se in 5 anni si riduce il colesterolo LDL di 39 mg/dL è possibile abbassare del 23 per cento il numero di nuovi eventi coronarici maggiori. Quando invece tale obiettivo non viene raggiunto si ha la certezza che il paziente andrà incontro a un peggioramento della prognosi con un impatto diretto sulla mortalità.
Michele Gulizia, presidente dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri e direttore dell'Unità Operativa Complessa di cardiologia presso l'ospedale Garibaldi di Catania, fa notare che siamo noi stessi i veri amici del cuore. Bisogna voler bene al cuore e dobbiamo prenderci cura di esso seguendo ad esempio la dieta mediterranea, uno dei modi migliori per tenere sotto controllo il colesterolo, accortezza che conta sempre ma assume un aspetto ancora più importante dopo un infarto. Successivamente a un infarto del miocardio la sola dieta mediterranea non è però sufficiente ed è per questo che è importante seguire le indicazioni terapeutiche, bisogna quindi assumere i farmaci prescritti (in genere statine), svolgere un'attività fisica e ovviamente seguire una dieta particolarmente equilibrata.
Furio Colivicchi, direttore dell'Unità Operativa Complessa di cardiologia presso l'Ospedale San Filippo Neri di Roma, spiega che in alcuni casi non è facile convivere con un medicinale somministrato a dosaggi elevati. Sebbene le statine sono dei farmaci ipocolesterolemizzanti molto buoni, ad alte dosi potrebbero in alcuni casi indurre degli effetti collaterali (per es. crampi e dolori muscolari), una situazione che in una fetta di pazienti non trascurabile porta alla sospensione volontaria della terapia. Vi è inoltre una certa percentuale di persone, stimata tra il 10 e il 20 per cento, che risulta intollerante alle statine oppure non le tollera a dosaggi elevati. In queste situazioni il medico prescrive un'altro farmaco ipocolesterolemizzante, l'Ezetimibe. Questo medicinale, in combinazione ad una statina a basso dosaggio che inibisce l'LDL a livello epatico, agisce bloccando l'assorbimento del colesterolo a livello intestinale. L'Ezetimibe si utilizza, come raccomanda la Nota 13 AIFA, per i pazienti ad alto rischio che non riescono a raggiungere i target terapeutici neanche con la dose massima di statine o per quelli intolleranti alle statine.
In conclusione, dopo la dimissione dalla UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiologica) in seguito a un infarto o un'angina, è importante assumere i farmaci prescritti. L'adesione alla terapia, che servirà per tutta la vita, è fondamentale per evitare un nuovo evento cardiovascolare. I farmaci, insieme alla dieta e l'attività fisica, servono per mantenere il colesterolo LDL sotto ai 70 mg/dL e una pressione arteriosa sotto i 130 mmHg di massima e 80 mmHg di minima.
Approfondimenti sull'argomento
Cerca nel sito
Se non hai trovato quello che ti serve, o vuoi maggiori informazioni, utilizza il motore di ricerca