Tumore alla prostata, nuovi approcci terapeutici
In alcuni casi il tumore alla prostata diventa molto aggressivo e le attuali terapie non hanno effetto, grazie ad un recente studio si è però individuato il processo che porta alla trasformazione della neoplasia. Questo importante risultato, frutto di una ricerca coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l'équipe del prof. Giovanni Muto (primario di Urologia dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino) e con l'Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania, apre nuove speranze per il futuro anche se la strada verso una cura definitiva potrebbe essere ancora lunga. I dettagli della ricerca, finanziata con i fondi dell'accordo Italia-Usa e dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Medicine (Ottobre 2008).
Enrico Garaci, Presidente dell'ISS (Istituto Superiore di Sanità), spiega che comprendere i meccanismi che portano un tumore a diventa più aggressivo è molto importante in quanto contribuisce ad avvicinarsi verso una cura in grado di guarire gli stadi avanzati del cancro alla prostata. L'analisi del tessuto neoplastico di 40 pazienti ha dimostrato che l'aggressività del carcinoma prostatico è causata dalla perdita di un frammento di DNA del cromosoma 13 che contiene due piccoli geni, chiamati microRNA-15a e microRNA -16, che agiscono bloccando la progressione maligna del tumore. Secondo Garaci, grazie ai risultati ottenuti nel costo si questo studio, si potrebbe arrivare in tempi brevi a comprendere come curare i tumori più avanzati.
Attualmente il tumore della prostata è trattato con la terapia ormonale e la chirurgia, ci sono però dei limiti, è efficace solo negli stadi iniziali. Per il momento non esiste alcuna cura valida per il tumore allo stadio avanzato, una neoplasia che provoca la morte di oltre il 20 per cento dei pazienti affetti da cancro alla prostata.
Ruggero De Maria, coordinatore dello studio e Direttore del Dipartimento di Ematologia Oncologia e Medicina Molecolare dell'ISS, spiega che grazie a questa ricerca si è scoperto che se i microRNA-15a e microRNA -16 vengono reintrodotti nelle cellule tumorali che li hanno perduti, queste cellule smettono di crescere e vengono distrutte. La possibilità di curare i tumori aggressivi della prostata tramite la somministrazione di questi microRNA è stata confermata dalla terapia sperimentale effettuata in animali da laboratorio.
Il cancro della prostata è uno dei tumori riscontrati con maggiore frequenza nei paesi occidentali. In Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 44.000 nuovi casi che sono destinati ad aumentare, considerando il progressivo invecchiamento della popolazione. Sebbene negli ultimi quindici anni il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA) abbia aumentato considerevolmente le diagnosi precoci e le possibilità di guarigione, il cancro alla prostata rappresenta ancora oggi la seconda causa di morte da tumore nell'uomo dopo il carcinoma del polmone.
I risultati ottenuti nell'ambito di questo studio sono quindi molto importanti, i ricercatori spiegano che le conoscenze acquisite confermano che il cancro alla prostata potrà essere sconfitto. Attualmente, però, sono stati condotti degli esperimenti solo su delle cavie da laboratorio, la strada verso una cura utilizzabile sull'uomo è ancora lunga e dovrà attraversare diversi stadi di sperimentazione.
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