Infarto, riparare i danni con le cellule staminali
Grazie alle cellule staminali embrionali si è riusciti, in alcune cavie da laboratorio, a riparare un cuore danneggiato da un infarto. Questa nuova tecnica è il frutto di una sperimentazione condotta da un gruppo di ricercatori della Washington University di Seattle e della Geron, un'industria biotecnologica americana. I risultati dello studio, per ora ancora in una fase iniziale, sono stati pubblicati da Nature Biotechnology (Agosto 2007).
Attraverso un delicato processo i ricercatori hanno impiantato alcune cellule di muscolo cardiaco umano, ottenute partendo da alcune staminali embrionali, in un gruppo di topolini che avevano subito un attacco cardiaco. Le cellule, una volta nelle cavie, sono state assimilate e hanno iniziato a riprodursi migliorando la funzionalità cardiaca e rigenerando le pareti dell'organo. I ricercatori sono molto soddisfatti dei risultati ottenuti fino ad ora e spiegano che attraverso questo processo si potrebbe riuscire a riportare il cuore alla condizione in cui si trovava prima dell'infarto.
Anche se attualmente si sono compiuti degli esperimenti solo su delle cavie, i ricercatori sono convinti che entro 2 o 3 anni si potrebbe già iniziare la sperimentazione sull'uomo.
Chuck Murry, coordinatore della ricerca, spiega che in precedenza altri avevano provato a trattare gli infarti con le cellule staminali ma ogni volta ci si trovava davanti ad un grande problema in quanto le cellule non sopravvivevano dopo il trapianto. La nuova procedura è invece in grado, grazie ad un "cocktail di sopravvivenza" costituito da diverse proteine e composti, di controllare e prevenire la morte cellulare consentendo così l'attecchimento.
I ricercatori hanno superato anche un altro problema ricorrente negli esperimenti precedenti, la specializzazione delle cellule staminali. Murry spiega che grazie a dei particolari processi che utilizzano alcune proteine della crescita sono riusciti a trasformare in laboratorio il 90 per cento delle cellule staminali embrionali umane in cardiomiociti, le cellule cardiache. Un ottimo risultato se si pensa che con le vecchie tecniche si riusciva ad ottenere solo l'1 per cento delle cellule utili per il trapianto.
Fino ad ora non si erano mai raggiunti dei risultati così soddisfacenti nella riparazione di tessuti solidi. Ora, i ricercatori, prima di passare alla sperimentazione sull'uomo, proseguiranno la sperimentazione su animali più grandi.
Su questo tipo di sperimentazione alcuni studiosi hanno però sollevato alcune perplessità. I dati presentati fino ad ora non danno ancora la certezza che il tessuto coronario trapiantato riesca a funzionare come quello sostituito, inoltre, bisognerà valutare la percentuali di sopravvivenza a lungo termine. Una risposta a questi interrogativi la si potrà avere solo attraverso la sperimentazione e i risultati ottenuti per il momento sono comunque promettenti per la salute di tutte le persone che ogni anno vengono colpiti dall'infarto.
Come prevenire le malattie cardiovascolari
Le malattia cardiovascolari riconoscono un'eziologia multifattoriale, cioè più fattori di rischio (età, sesso, pressione arteriosa, abitudine al fumo di sigaretta, diabete, colesterolemia) contribuiscono contemporaneamente al loro sviluppo. I fattori di rischio sono caratteristiche che, se presenti in un soggetto sano, aumentano la probabilità di insorgenza della malattia. I fattori di rischio sono stati individuati ed è stata dimostrata la reversibilità del rischio, pertanto la malattia cardiovascolare è oggi prevenibile: di infarto e di ictus si può non ammalare e si deve non ammalare.
I fattori di rischio cardiovascolare si dividono in modificabili (attraverso cambiamenti dello stile di vita o mediante assunzione di farmaci) e non modificabili.
I fattori di rischio non modificabili sono:
- Età: il rischio aumenta progressivamente con l'avanzare dell'età
- Sesso maschile: gli uomini sono più a rischio delle donne. Nella donna il rischio aumenta sensibilmente dopo la menopausa
- Familiarità: parenti con eventi cardiovascolari in età giovanile (meno di 55 anni negli uomini e di 65 nelle donne).
I fattori di rischio modificabili sono:
Fumo. La nicotina accelera il battito cardiaco e fa aumentare la pressione arteriosa. Il monossido di carbonio diminuisce la quantità di ossigeno, vitale per il cuore, presente nel sangue e favorisce lo sviluppo dell'aterosclerosi.
Ipertensione (pressione arteriosa elevata). Una pressione arteriosa elevata costringe il cuore a un superlavoro e accelera la formazione di aterosclerosi nelle pareti delle arterie.
Colesterolemia totale elevata. Il colesterolo, una sostanza normalmente presente nell'organismo, può trovarsi in quantità eccessive nel sangue a causa di un'alimentazione ricca di grassi (specialmente di origine animale) e di colesterolo o, più raramente, a causa di una predisposizione genetica. Maggiore è la sua quantità, più alto è il rischio che si depositi nelle pareti delle arterie.
Bassa HDL-colesterolemia. La HDL-colesterolemia è una lipoproteina utile per rimuovere la colesterolemia in eccesso; minore è la sua quantità, maggiore è il rischio cardiovascolare.
Diabete. Il diabete, se non correttamente controllato, può favorire l'aterosclerosi, incrementando il rischio cardiovascolare.
Il rischio che ogni persona ha di sviluppare la malattia cardiovascolare dipende dall'entità dei fattori di rischio; il rischio è continuo e aumenta con l'età, pertanto non esiste un livello a cui il rischio è nullo. Tuttavia, anche in presenza di fattori non modificabili, eliminando o diminuendo quelli modificabili è possibile ridurre il rischio cardiovascolare o mantenerlo a livelli favorevoli.
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