I ricercatori contestano il legame tra la malaria e il riscaldamento globale
Alla lista delle conseguenze previste in seguito al riscaldamento globale, i ricercatori hanno aggiunto in questi ultimi anni una preoccupante possibilità: una maggiore incidenza delle malattie. La logica che sta dietro questa previsione è abbastanza facile da capire. Gli insetti che trasmettono le malattie - le zanzare, per esempio - spesso prosperano in climi caldi. La malattia forse più preoccupante da questo punto di vista è la malaria, che già uccide ogni giorno migliaia di persone. Una recente ondata di malaria, diffusasi nelle zone elevate dell'Africa Orientale sembra calzare a pennello con questa teoria. Eppure i ricercatori oggi annunciano che non vi è alcun legame tra l'epidemia e le condizioni climatiche e in particolare il riscaldamento globale.
Lavorando sui dati climatici degli ultimi 95 anni, Simon Hay dell'Università di Oxford ha analizzato insieme ai suoi colleghi i movimenti climatici delle zone ad elevata altitudine. La temperatura, le precipitazioni, la pressione e il numero di mesi in cui le condizioni climatiche erano favorevoli alla trasmissione della malaria, annunciano i ricercatori nel loro rapporto, "non sono cambiati significativamente nell'ultimo secolo o nel periodo di insorgenza dell'epidemia".
Ma, se l'aumento della temperatura non ha provocato l'epidemia malarica, quale ne è stata la causa? Secondo la squadra di studiosi, fattori economici, politici e sociali potrebbero spiegare l'accaduto.
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