Agorafobia
"Agorafobia", alla lettera, significa "paura della piazza del mercato" (agorà) o degli spazi aperti. Più specificamente l'agorafobia comporta un'ansia anticipatoria verso le situazioni in cui una persona può essere intrappolata senza una via d'uscita in caso di insorgenza dell'ansia, e il conseguente desiderio di evitare tali situazioni.
Questo termine fu utilizzato per la prima volta da Westfall (1871) per designare una sindrome caratterizzata da paura di recarsi in posti affollati come le piazze. I soggetti agorafobici temono infatti quelle situazioni nelle quali può risultare difficile fuggire o ricevere aiuto nel caso di una crisi improvvisa.Per le persone con agorafobia, quindi, risulta difficile fare la fila in banca o alle casse dei supermercati, sedere in mezzo a una lunga fila di posti a teatro o a scuola e usare i trasporti pubblici come l'autobus o l'aereo. Alcuni soggetti sviluppano l'agorafobia in seguito a un attacco di panico verificatosi in una tipica situazione agorafobia.
L'agorafobia ha un decorso cronico e provoca notevoli limitazioni dell'autonomia personale; interferisce abbastanza spesso con il normale funzionamento sociale, relazionale, lavorativo di un individuo e se è abbastanza grave si può arrivare a restare confinati in casa o ad uscire di casa solo ed esclusivamente in compagnia di una persona della quale si ha completa fiducia.
Il picco di esordio è intorno ai primi 20 anni; la comparsa dopo i 40 anni è rara
Dato che l'agorafobia, come tutte le altre forme di fobia, comporta l'evitamento, il trattamento privilegiato è, anche in questo caso, la terapia di esposizione, un tipo di terapia comportamentale che permette di desensibilizzare gradualmente il paziente rispetto alle situazioni per lui ansiogene e favorire un maggior controllo delle sue reazioni emotive nel momento in cui si trova in tali situazioni. Con la guida e il sostegno di un terapeuta, i pazienti affrontano ciò che temono ed evitano; vi si confrontano e vi restano in contatto, finché l'ansia non viene gradualmente ridotta, attraverso un meccanismo chiamato "adattamento progressivo". La terapia di esposizione giova a più del 90% di coloro che la intraprendono con motivazione.
Autrice: Dott.ssa Donatella Porceddu
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