Carenza di vitamina D in gravidanza: la dose deve essere personalizzata
Una carenza di vitamina D in gravidanza può aumentare il rischio di complicanze, la supplementazione deve essere però personalizzata in base ai livelli della vitamina nel sangue e altri fattori. Se da una parte è vero che le donne in dolce attesa che seguono un'alimentazione adeguata ed equilibrata non hanno bisogno di assumere degli integratori, a parte l'acido folico che è sempre consigliato, in particolari casi ci può essere una carenza individuale che deve però essere valutata dallo specialista. In base a uno studio condotto da un gruppo di ricercatori inglesi dell'Università di Southampton, ci sono alcuni fattori che dovrebbero essere tenuti in considerazione prima di prescrivere un'integrazione di vitamina D. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism (Determinants of the Maternal 25-Hydroxyvitamin D Response to Vitamin D Supplementation During Pregnancy - Doi: 10.1210/jc.2016-2869).
La vitamina D è una sostanza importante per molti processi dell'organismo, secondo alcuni studi un buon livello contribuisce a prevenire alcuni tumori, i problemi alle ossa, il diabete, l'ipertensione e altre malattie. Si tratta di una vitamina molto importante anche nel periodo della gravidanza, una sua carenza può infatti influire sulla crescita del bambino e sembrerebbe essere correlata ad altri rischi quali: gestosi (nota anche come preeclampsia) e maggiori probabilità di partorire con il cesareo.
Nicholas C. Harvey, primo autore dello studio, spiega che i dati sono frutto di un'indagine che ha coinvolto più di 800 gestanti che ogni giorno, a partire dalla 14ma settimana di gravidanza fino al parto, dovevano assumere 25mcg di vitamina D o un placebo. I risultati hanno mostrato che l'integrazione della vitamina comportava degli effetti differenti a seconda delle caratteristiche individuali delle donne. Si è ad esempio constatato che nelle gestanti che partorivano in estate, quelle che avevano dei livelli ematici di vitamina D più alti nelle prime settimane della gravidanza e quelle che tendevano a ingrassare di meno durante i 9 mesi, gli effetti della supplementazione erano maggiori.
Sopperire a una carenza di vitamina D durante il periodo della gravidanza è molto importante per la salute delle ossa della donna non solo durante i 9 mesi ma anche dopo il parto. La vitamina D la si può ottenere soltanto da alcuni alimenti (pesci grassi quali salmone, sardine, merluzzo, aringhe e sgombri, poi ci solo altri alimenti come latte, lattici, uova, verdure a foglia verde, ecc.), i livelli nell'organismo sono però fortemente influenzati dall'esposizione ai raggi solari (nel momento in cui i raggi solari colpiscono la nostra pelle l'organismo può iniziare a sintetizzare la vitamina D).
Oggi, a causa dei cambiamenti negli stili di vita e nell'alimentazione, sempre più donne, e non solo, presentano una carenza di vitamina D, per questo motivo è importante, ancor più se è in corso una gravidanza, prescriverne l'assunzione sotto forma di integratori. I risultati dello studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism suggeriscono però che per ottimizzare i livelli di vitamina D in gravidanza bisognerebbe tenere in considerazione le caratteristiche individuali della gestante quali: livelli ematici della vitamina D all'inizio della gravidanza, aumento di peso durante le settimane di gestazione e data presunta per il parto.
Carenza di vitamina D in gravidanza ed effetti sul bambino
Come abbiamo accennato in precedenza, sebbene la vitamina D è presente in alcuni alimenti questi non sempre sono presenti nella dieta in quantità sufficienti, il sole gioca quindi un ruolo fondamentale. Dei bassi livelli di vitamina D possono causare delle anomalie nel metabolismo di calcio e fosforo, inoltre, se la carenza è riscontrata nel primo trimestre di gravidanza vi è il doppio del rischio di partorire un bambino più piccolo rispetto all'età gestazionale. Una buona esposizione ai raggi solari durante la gravidanza, anche nel caso in cui si è nella stagione invernale, potrebbe aiutare a raggiungere dei buoni livelli di vitamina D senza dover ricorrere agli integratori.
Un'integrazione di vitamina D in gravidanza non è sempre necessaria
A differenza dell'acido folico, che sarebbe addirittura opportuno assumerlo ancor prima della gravidanza se si sta provando a concepire, la vitamina D durante i 9 mesi di gestazione potrebbe non essere indicata nel caso di donne sane che seguono una dieta adeguata. Questa è la conclusione di una revisione sistemica coordinata dallo stesso autore dello studio di cui abbiamo parlato in precedenza, Nicholas C. Harvey. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul NIHR (National Institute for Health Research) Journals Library (Vitamin D supplementation in pregnancy: a systematic review - doi: 10.3310/hta18450).
Tramite la sola alimentazione, o l'esposizione al sole, non si corre il rischio di avere dei livelli di vitamina D troppo elevati, se però a dei livelli già sufficienti (20-30 ng/ml) si aggiunge una supplementazione tramite integratori ci potrebbe essere un eccesso (livello di Vitamina D maggiore di 100 ng/ml) e in alcuni casi si corre il rischio di un'intossicazione (delle analisi del sangue che rilevano un livello superiore a 150 ng/ml). Secondo alcuni studi, la presenza nell'organismo di livelli eccessivi di vitamina D per lunghi periodi sono associati a un aumento del rischio di fratture, un maggior pericolo di altre malattie e vi è inoltre un incremento del rischio di morte in generale.
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