Musicoterapia, utile nella depressione nell'anziano
La musicoterapia, una particolare terapia non farmacologica che spesso fa discutere, negli ultimi anni sta guadagnando consensi anche in campo scientifico. In occasione del 110° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna (Ottobre 2009), nella sessione dedicata alla "Depressione e Comorbilità" (realizzata grazie all'attiva collaborazione tra la SIMI, la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria e la Società Italiana di Neuropsicologia), si è evidenziato come l'ascolto di alcuni tipi di musica possono avere un ruolo importante nella riabilitazione delle forme gravi di depressione dell'anziano.
Stando alle ultime stime, circa il 30 per cento di tutti gli ultra sessantacinquenni ha conosciuto almeno una volta il buio della depressione, mentre oltre il 10 per cento è classificato come depresso grave. Il 15 per cento degli anziani ha avuto disturbi del comportamento. Oltre i 75 anni il 30 per cento delle persone soffre di Alzheimer o forme correlate di deficit cognitivi più o meno gravi e soffre di Alzheimer.
Il Professor Vincenzo Marigliano, ordinario di geriatria e direttore del Dipartimento di Scienza dell'Invecchiamento all'Università La Sapienza di Roma, spiega che il momento critico nella vita di un anziano è la perdita del ruolo sociale ed è li che la musicoterapia può intervenire prima che si inneschi una spirale che inizia con la depressione e finisce per cadere nelle varie forme di demenze senili. In queste persone la musicoterapia può essere determinante, a volte di più e più a lungo delle pillole.
Lo staff del Professor Marigliano ha analizzato, attraverso uno studio prospettico condotto tra il 2008 e il 2009, circa 100 pazienti sopra i 65 anni colpiti da depressione grave. In base ai dati raccolti, la musicoterapia ("somministrata" per un'ora al giorno tre volte a settimana) si è rilevata come vincente nell'allontanare o almeno alleviare il male oscuro. Gli esperti, esaminato gli anziani prima e dopo ogni sessione musicale, hanno rilevato che le secrezioni e le increzioni di cortisolo (parametro di controllo che se alto segnala la presenza di stress e depressione) si abbassano sensibilmente dopo ogni ascolto.
Gli esperti evidenziano comunque che non esiste una canzone anti-depressione universale. Non esiste una sola musica che vada bene per tutti, la metodologia da seguire per identificare quale musica sia più adatta per ogni paziente è complessa ed articolata ed assomiglia ad una seduta di psicanalisi. Il paziente ed i suoi cari, vengono sottoposti a più colloqui per capire quali canzoni o musiche sono legate ai momenti più felici della sua e della loro vita.
Marigliano spiega che se un paziente nella sua infanzia, o in alcuni momenti felici, ha prediletto la musica classica o il jazz o ancora ad esempio Baglioni o Gino Paoli, allora la possibilità di riascoltare questi brani dal punto di vista fisico stimola alcuni circuiti neurali che attivano a loro volta la corteccia prefrontrale impedendo all'amigdala (regione del cervello) di avere una iperfunzione tipica dei soggetti depressi. L'esperto conclude spiegando che solo qualche anno fa la musicoterapia era qualcosa di impalpabile ma oggi si conoscono le vie neurologiche che la musica, o certi tipi di musica, sono in grado di toccare e, dato ancor più importante, gli effetti positivi che hanno sui pazienti sono provati scientificamente.
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