L'immissione in mare dell'eccesso di anidride carbonica potrebbe presentare numerosi problemi
Il problema di cosa fare con la crescente quantità d'anidride carbonica nell'atmosfera, fattore che costituisce la causa principale del riscaldamento globale, è una delle questioni attualmente più discusse dagli scienziati di tutto il mondo. Molti dei potenziali metodi di rimozione e conservazione della CO2 sono ancora oggi ad un primo stadio di progettazione. Ma in due recenti studi si discute proprio sulla necessità di più approfondite indagini sulla potenziale pericolosità di alcuni tra questi metodi.
Una delle prime proposte, che risale a circa 25 anni fa, proponeva di catturare l'anidride carbonica dall'atmosfera e immetterla direttamente nelle profondità degli oceani. Benchè gli scienziati abbiano già eseguito numerosi esperimenti per determinare l'impatto di quest'immissione negli oceani, Brad Seibel del Monterey Bay Aquarium Research Institute (MBARI) e Patrick Walsh dell'Università di Miami avvertono che anche gli effetti biologici sulle creature marine non devono essere trascurati.
"Molti organismi delle profondità oceaniche sono estremamente sensibili ai cambiamenti ambientali", sostiene Seibel. "Abbiamo bisogno di studi più approfonditi che definiscano l'estensione ed i metodi di immissione della CO2 per poter stabilire le conseguenze sull'ecosistema e sui cicli biogeochimici dipendenti da essi". I ricercatori stimano che l'immissione di una quantità d'anidride carbonica tale da riportare il livello atmosferico del gas al doppio di quello pre-industriale, sarebbe in grado di far abbassare il pH dell'intero oceano di circa 0,1 punti in meno di dieci anni. Questa variazione è piuttosto significativa, dal momento che gli organismi che vivono nelle profondità degli oceani sono molto sensibili persino a modeste variazioni del pH.
In un altro studio Sallie Chisholm del Massachusetts Institute of Technology ha screditato la fertilizzazione degli oceani quale metodo per la cattura dell'anidride carbonica. Questa teoria sfrutta la pompa biologica naturale già presente negli oceani quale mezzo per rimuovere l'eccesso di CO2 nell'atmosfera. Fertilizzando con il ferro gli oceani di tutto il mondo, il fitoplancton presente nei pressi della superficie marina acquisirebbe la capacità di assorbire una quantità di CO2 tale da liberare l'atmosfera dall'eccesso di questo gas. Ma la Chisholm suggerisce che una fertilizzazione su larga scala non è nè realizzabile nè controllabile, come invece avevano annunciato i promotori di questa teoria. Al contrario, conclude la studiosa, gli effetti cumulativi di numerose fertilizzazioni in piccola scala, già oggetto di esperimenti nella scorsa decade, porterebbero a conseguenze di portata globale.
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