Problemi di udito e diagnosi precoce Alzheimer
Alcuni problemi di udito sembrerebbero essere collegati all'Alzheimer. Tempo fa si è scoperto che c'è un maggior rischio di demenza in chi non sente bene, ora si è osservato che un test uditivo potrebbe predire la patologia quando si trova in uno stadio iniziale. In base a quanto scoperto nel corso di una ricerca che ha visto la collaborazione della sezione di Neuroscienze Cognitive di Brescia (con sede presso l'IRCCS Centro San Giovanni di Dio), il Department de Tecnologies de la Informació i les Comunicacions (Universitat Pompeu Fabra - Barcelona, Spagna) e il Centro Interdipartimentale Mente e Cervello di Trento, la perdita di specifiche capacità dell'orecchio potrebbe essere un sintomo precoce dell'Alzheimer. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports (The mismatch negativity as an index of cognitive decline for the early detection of Alzheimer's disease - doi:10.1038/srep33167).
La diagnosi precoce dell'Alzheimer è molto importante per due aspetti: da una parte si possono mettere in atto delle terapie in grado di rallentare la progressione della malattia neuro degenerativa, dall'altra potrà essere utile nel caso in cui in futuro si dovesse trovare una cura definitiva. In base ai risultati di alcuni studi si può diagnosticare la malattia in uno stadio iniziale, quando le capacità neuronali non sono state ancora intaccate in maniera rilevante, mediante un test olfattivo. Ora si è scoperto che anche un'altro senso come l'udito potrebbe contribuire alla diagnosi. Molti degli esami attuali, come ad esempio il test dell'orologio, sono decisamente utili anche se riescono a rilevare la malattia quando il declino cognitivo da già dei segni evidenti.
Manuela Ruzzoli, prima autrice dello studio e ricercatrice presso l'Università Pompeu Fabra (una delle università più prestigiose non solo della Spagna ma anche a livello Europa), spiega che attraverso un particolare test dell'udito, fra non molto tempo, si potrebbe diagnosticare l'Alzheimer in una fase precocissima. Il test è molto semplice e pratico: con l'ausilio di un elettroencefalogramma (EEG) si registra l'attività elettrica cerebrale, tramite elettrodi di superficie posizionati sulla testa, in risposta a certi suoni che vengono fatti ascoltare attraverso una cuffia.
Per condurre l'indagine i ricercatori hanno diviso alcuni volontari in tre gruppi: sani, con un lieve declino cognitivo e con Alzheimer. Mentre le persone ascoltavano una serie di suoni a diverse tonalità, la loro risposta neuronale è stata monitorata attraverso l'elettroencefalogramma. Dall'analisi si è rilevato che i pazienti con Alzheimer presentavano delle risposte neurali considerevolmente diverse, sia rispetto ai pazienti sani che quelli con un lieve deficit cognitivo.
I risultati sono molto interessanti e, se saranno confermati su un campione più ampio di persone, si potrebbe avere un ottimo strumento semplice, pratico e per nulla invasivo, in grado di diagnosticare questa forma di demenza prima del suo esordio con i sintomi tipici. Un'altro aspetto interessante è la sua tipologia, un test uditivo passivo dove il paziente non deve fare assolutamente niente se non sottoporsi all'EGG. Negli attuali test per l'Alzheimer è invece prevista un'interazione tra il medico e il paziente e i risultati potrebbero essere falsati da altri fattori.
All'inizio dell'articolo abbiamo parlato di un'altro legame tra udito e declino cognitivo, si tratta di un fenomeno diverso rispetto a quello oggetto del test uditivo per l'Alzheimer. L'obiettivo dell'esame è quello di rilevare possibili segnali riconducibili alla malattia. Frank Lin, della Johns Hopkins University di Baltimora, fa invece luce su un fenomeno fino ad oggi non osservato attentamente. Secondo l'esperto le persone che non sentono bene, si parla anche un deficit moderato dell'udito, presentano un rischio di sviluppare una forma di demenza superiore di ben tre volte. Nel corso di alcune indagini si è inoltre constatato che i soggetti anziani con una forma rilevante di ipoacusia, una diminuzione della capacità uditiva, hanno il 24 per cento di probabilità in più di compromettere le proprie abilità cognitive.
Comunemente si tende a trascurare la perdita di udito considerandola una normale conseguenza dell'invecchiamento. Gli studi degli ultimi anni evidenziano però come un'ipoacusia possa influire sulla buona salute del cervello. Questo è un aspetto da non trascurare in quanto un trattamento efficace del problema potrebbe essere di aiuto per prevenire il declino cognitivo.
La correlazione che c'è tra problemi di udito e declino cognitivo potrebbe dipendere da diversi aspetti. Una delle ipotesi, per il momento la più accreditata, è che dietro all'ipoacusia e al declino cognitivo ci sia lo stesso processo fisiologico che per il momento non è ancora noto. Un'altra ipotesi è che il cervello venga stressato eccessivamente quando ci sono dei deficit uditivi, un processo che velocizza il processo di deterioramento dell'organo. Alcuni ipotizzano invece che la perdita dell'udito possa modificare la struttura del cervello, fenomeno che andrebbe a incidere significativamente sui problemi cognitivi. Infine, alcuni teorizzano che l'isolamento sociale conseguente al deficit uditivo possa avere un ruolo nello sviluppo di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer.
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