Cura per il tumore e oncosoppressore p53
Ogni anno si sperimentano nuove terapie per il cancro ma non tutte portano a delle metodiche applicabili sui pazienti oncologici, la riattivazione dell'oncosoppressore p53 potrebbe però essere il futuro. Un gruppo di esperti, del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr), ha messo a punto un processo in grado di indurre la morte delle cellule tumorali, riattivando l'oncosoppressore p53, senza arrecare nessun danno alle cellule sane (un problema che non era mai stato superato in precedenti studi). I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Research (Targeting the MDM2/MDM4 Interaction Interface as a Promising Approach for p53 Reactivation Therapy - doi: 10 1158 / 0008 5472 CAN 15 0439 - Novembre 2015).
Fabiola Moretti, coordinatrice della ricerca, spiega che partendo dai risultati di precedenti studi si è riusciti ad individuare un nuovo approccio terapeutico in grado di riattivare la proteina p53 (soppressore tumorale considerato uno dei più importanti fattori per il controllo dello sviluppo e della progressione della malattia) che risulta inattiva in una buona parte de i tumori umani. Altri gruppi di ricerca avevano intrapreso la stessa strada ma ogni tentativo era fallito a causa della tossicità delle terapie sperimentate, gli esperti del Ibcn-Cnr hanno invece individuato un approccio ben tollerato dai tessuti sani.
La proteina p53 rappresenta uno dei più importanti fattori per il controllo dello sviluppo e della progressione della malattia visto che questo oncosopressore risulta inattivo in circa il 50 per cento dei tumori umani. Attraverso delle tecniche di biologia molecolare e cellulare è stato individuato un peptide in grado di riattivare il soppressore tumorale p53, un processo che ha portato alla morte le cellule neoplastiche. Fabiola Moretti spiega che il peptide coinvolto nel processo non ha nessun effetto sulle cellule sane, ma solo su quelle tumorali che sono come "una macchina accelerata". L'esperta evidenzia che l'attivazione della p53 incrementa a tal punto la velocità della macchina che la cellula muore, un processo che lascia inalterate le cellule sane. In pratica, il peptide individuato dai ricercatori riesce ad annullare la collaborazione tra gli inibitori MDM4 e MDM2 che disattivano p53 rendendolo inefficace.
I dati di questo studio aprono la strada a nuovi approcci terapeutici per la terapia del tumore attraverso la riattivazione della proteina p53. Gli esperti spiegano però che ci vorrà ancora molto tempo prima di poter mettere a punto un farmaco utilizzabile sui pazienti oncologici. Ulteriori indagini saranno quindi necessarie per rendere questo peptide un vero farmaco. Altri ricercatori hanno sperimentato delle metodiche che avevano l'obiettivo di riattivare la p53 ma in molti casi i processi messi a punto risultavano essere tossici anche per le cellule sane, tossicità non rilevata invece con l'approccio terapeutico messo a punto nei laboratori dell'Ibcn-Cnr. Marsha Pellegrino, prima autrice dello studio, fa notare che alcune sperimentazioni molto importanti basate sull'attivazione della p53 si sono rilevate tossiche in una fase avanzata della sperimentazione, un esempio è quella con i farmaci derivati dalla nutlina.
Il nuovo approccio, almeno per il momento, sembra superare tutti gli aspetti che hanno fatto fallire le sperimentazioni precedenti. Oltre a una forte tossicità, dovuta al danneggiamento di alcuni tessuti sani, fino ad ora tutte le terapie sviluppate per riattivare p53 nei tumori non erano in grado di bloccare simultaneamente i due inibitori (MDM4 e MDM2). Ora non resta che aspettare la prossima fase dello studio che potrebbe portare alla realizzazione di un farmaco efficace per una buona parte dei tumori.
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