Montelukast nella terapia per le malattie neurodegenerative
Il Montelukast, un farmaco già presenta sul mercato utilizzato per la cura dell'asma, presenta un effetto collaterale che potrebbe ampliare la sua applicazione anche alle terapie per le malattie neurodegenerative. A volte, nel corso di specifiche sperimentazioni, si rilevano ulteriori effetti collaterali dei farmaci non rilevati nei trial clinici iniziali. La scoperta non deve però allarmare gli attuali utilizzatori del medicinale, con il termine "effetto collaterale" si indica in maniera generale un qualsiasi effetto non previsto (non necessariamente nocivo) legato all'azione farmacologica di una specifica sostanza terapeutica. I nuovi dati arrivano da uno studio che ha coinvolto diversi ricercatori europei fra i quali spicca anche il nome della professoressa Maria Pia Abbracchio dell'Università Statale di Milano. La ricerca, coordinata da Ludwig Aigner, è stata pubblicata su Nature Communications (Structural and functional rejuvenation of the aged brain by an approved anti-asthmatic drug - Doi: 10 1038 / ncomms9466 - Ottobre 2015).
Julia Marschallinger, prima autrice dello studio, spiega che l'impiego del Montelukast su un gruppo di roditori anziani si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli di infiammazione cerebrale con un conseguente miglioramento delle capacità di apprendimento e memorizzazione. In sole sei settimane di terapia le capacità neurologiche erano quasi paragonabili a quelle degli animali giovani. Potenzialmente questi risultati aprono la strada a cure future per il Parkinson, altre malattie nuerodegenerative e patologie legate all'invecchiamento del cervello. La scoperta è molto importante se si pensa che l'aumento della durata della vita porterà nel tempo a un incremento notevole delle persone con problemi legati al declino cognitivo.
Per condurre lo studio sono stati selezionati alcuni topolini giovani (mediamente 4 mesi di età) e anziani (20 mesi di età corrispondenti a circa 80anni nell'uomo), tutti sono stati poi inseriti in una vasca piena d'acqua dove in un lato c'era una piattaforma con una rampa. I topolini dovevano memorizzare dove si trovava tale rampa per poi arrampicarsi. Mentre i soggetti giovani imparavano abbastanza in fretta, quelli anziani necessitavano di più tempo a causa del declino cognitivo. Di conseguenza prima di individuare la piattaforma dovevano effettuare molti più tentativi di nuoto. In una fase successiva dello studio è stato somministrato, per un periodo di 6 settimane, il farmaco Montelukast a tutti i topolini e, mentre nei soggetti giovani non vi era nessun effetto (ne un miglioramenti ne un peggioramento delle prestazioni), si è scoperto che i topolini anziani presentavano un vistoso miglioramento delle capacità mentali. Grazie al farmaco veniva ripristinato il deficit cognitivo riportando le prestazioni del cervello dei topi anziani quasi allo stesso stato di quello dei topi giovani.
Secondo gli esperti questi risultati sono attribuibili in parte all'interazione tra il farmaco Montelukast e il gene GPR17, un recettore identificato anni fa dal gruppo della professoressa Maria Pia Abbracchio. Grazie al medicinale attualmente utilizzato per l'asma, diminuiscono le "cellule infiammate" (il cui numero aumenta con l'età) e riparte la neurogenesi endogena nell'ippocampo (il processo di formazione di nuove cellule nervose). Ludwig Aigner evidenzia che studi precedenti hanno dimostrato che, nel lungo termine, la presenza di infiammazione in organi periferici (polmone, intestino, ecc) riduce la capacità del cervello di auto-ripararsi e ne deteriora il funzionamento. In determinati casi dietro al declino cognitivo negli anziani vi è inoltre l'accumulo nel sangue (e di conseguenza anche nel cervello) di eotaxina, una sostanza infiammatoria coinvolta nell'asma, da qui l'ipotesi che un farmaco per curare tale patologia potesse avere un ruolo anche nel bloccare l'infiammazione nel cervello.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di sperimentare il farmaco sull'uomo in terapie diverse da quelle per il quale è stato pensato. Il fatto che il Montelukast sia un medicinale in uso da parecchi anni con un ottimo profilo di tollerabilità è molto importante perché permette di saltare tutta una serie di passaggi che allungano la sperimentazione. Bisognerà comunque procedere con cautela perché non è detto che un farmaco che è molto ben tollerato in una popolazione di pazienti lo sia anche in presenza di caratteristiche diverse. L'infiammazione sistemica cronica può accelerare l'invecchiamento del cervello e aumentare l'incidenza di malattie neurodegenerative quali Alzheimer e Parkinson, il Montelukast potrebbe quindi essere efficace nella cura e nella prevenzione di queste malattie. Per quanto riguarda l'Alzheimer è bene però precisare che il danno alle aree sulle quali il farmaco può agire potrebbe essere ormai irreversibile, la situazione può però cambiare se la malattia è ancora in una fase iniziala. Sebbene attualmente non esiste ancora una cura, la diagnosi precoce dell'Alzheimer è molto importante, sia perché si possono mettere in atto delle terapie che ne rallentano il decorso, sia perché in futuro ci potrebbero essere dei farmaci, come ad esempio il Montelukast, in grado di invertire il processo neurodegenerativo.
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