Tumore al polmone: cure senza chemioterapia nei primi stadi
Il tumore al polmone rimane ancora uno dei "big killer" ma, se la neoplasia è diagnosticata al primo stadio, ben l'85 per cento dei malati guarisce. Negli ultimi anni sono stati fatti enormi passi in avanti e uno dei prossimi traguardi potrebbe mandare in pensione la chemioterapia per il tumore al polmone. Attualmente si sta lavorando a dei farmaci biologici più efficaci della tradizionale chemioterapia e con un profilo di tollerabilità molto superiore. Si è parlato di tumore al polmone, cure e aspettativa di vita in occasione del "Lung Cancer Meeting", un incontro organizzato a Milano dove hanno preso parte esperti italiani e internazionali.
Gli oncologi spiegano che il tumore al polmone è ancora molto diffuso, ogni anno nel mondo ci sono un milione e 350 mila nuovi casi. Nel nostro Paese il tumore al polmone colpisce ben 38 mila persone e circa 34 mila italiani muoiono a causa di questa forma di cancro. La maggior parte dei tumori al polmone sono imputabili al tabacco, se non fumassero, ben 8 persone su 10 non si ammalerebbero, il fumo è quindi responsabile dell'80 per cento dei casi di tumore al polmone.
In Italia ci sono dei centri d'eccellenza nella cura del tumore al polmone, la Divisione di Chirurgia Toracica dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia) opera circa 1.000 casi l'anno con una mortalità a 30 giorni dello 0,9 per cento (dati Agenas). Questi importanti risultati sono stati raggiunti grazie al "Programma Polmone", una metodica di gestione e cura del paziente innovativa. Lorenzo Spaggiari, Professore di chirurgia toracica presso l'Università degli Studi di Milano e Direttore della Chirurgia Toracica dell'IRCCS Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, spiega che nel "Programma polmone" il paziente sta al centro e un gruppo di specialisti gli ruota intorno accompagnandolo passo dopo passo dal momento in cui arriva per la prima visita fino al follow up delle cure.
Presso il reparto di chirurgia toracica dello IEO si ha un approccio multidisciplinare, le tecniche mininvasive di chirurgia sono decisive ma si affiancano ai metodi diagnostici sempre più sofisticati che consentono all'oncologo di definire il profilo genetico del tumore. Un esempio, spiega Lorenzo Spaggiari, è la broncoscopia a ultrasuoni, una tecnica che prevede biopsie mirate di piccole lesioni, anche nei pazienti con metastasi, e permette al patologo di fare analisi genetiche e orientare la terapia. La broncoscopia a ultrasuoni non è dolorosa, non lascia cicatrici, richiede poca anestesia e un piccolo prelievo, una diagnosi mininvasiva che però permette di rilevare 210 mutazioni.
Nel 2014, all'interno del "Programma Polmone", è stata avviata una linea di ricerca chiamata "Tumore del Polmone Chemio-free". L'obiettivo è quello di disegnare per ciascun stadio di malattia, compreso quello più avanzato, una strategia terapeutica finalizzata a fare in modo di ridurre al minimo l'utilizzo della chemioterapia a favore delle nuove terapie a bersaglio molecolare.
Gli esperti spiegano che dal tumore al polmone non a piccole cellule, circa l'80 per cento dei casi, l'85 per cento dei pazienti guarisce con un intervento mininvasivo se si trova al I stadio. Se il tumore si trova nel secondo stadio, il successo è stimato intorno al 40-60 per cento con l'impiego in aggiunta dei nuovi farmaci a target molecolare. Nel caso di tumore al polmone al III stadio, l'intervento chirurgico è più complesso ma l'obiettivo dell'IEO rimane comunque quello di ridurre il più possibile l'uso di chemioterapia a favore delle nuove terapie, in alcuni casi sperimentali, somministrate al malato in base al profilo genomico del tumore. Per quanto riguarda il tumore al polmone di IV stadio con la chirurgia non si può più fare molto, circa il 40 per cento dei pazienti può però essere trattato con farmaci biologici oppure rientrare in specifici studi clinici condotti presso l'IEO.
Negli ultimi anni sono state fatte numerose scoperte scientifiche che hanno permesso di acquisire importante informazioni relative ai meccanismi di crescita dei tumori polmonari. Fra tutte risulta di fondamentale importanza l'identificazione di alcuni oncogeni coinvolti nello sviluppo dei tumori polmonari non a piccole cellule portatori di anomalie geniche che sono il bersaglio dei farmaci biologici, farmaci due volte più efficaci della tradizionale chemioterapia e con un profilo di tollerabilità molto superiore.
Un esempio degli importanti traguardi raggiunti in campo oncologico è la conoscenza che oggi si ha della mutazione del gene EGFR, una mutazione presente in circa il 14 per cento dei pazienti con adenocarcinoma polmonare in fase metastatica. Oggi questi pazienti possono essere curati grazie a dei farmaci biologici specifici. Anche sul fronte dei tumori del polmone che non esprimono alcuna mutazione genica, l'80 per cento dei casi dei casi, e che quindi non possono essere trattati con terapie a bersaglio molecolare, si stanno aprendo nuove prospettive grazie a farmaci che agiscono al livello di sistema immunitario come gli antiPD-1/PDL-1, una classe di molecole capaci di sbloccare il "freno" che il tumore mette al sistema immunitario dei soggetti malati. Questi anticorpi monoclonali, non ancora disponibili al di fuori degli studi clinici, utilizzati senza la chemioterapia, sembrano fornire risultati promettenti in pazienti per i quali le opzioni terapeutiche sono, nella attuale pratica clinica, o ridotte o scarsamente efficaci.
Le cure per il tumore al polmone sono quindi molto promettenti ma molto si può ancora fare nella prevenzione. Una prova dello stretto legame che c'è tra le sigarette e il tumore al polmone sono i numeri della patologia che interessano le donne. Il cancro al polmone era considerato un tumore "tipicamente maschile" ma negli anni, man mano che ragazze e signore hanno iniziato a fumare, ha incominciato a colpire anche l'altro sesso. Attualmente circa un terzo dei casi riguarda le donne, rese peraltro più sensibili ai danni del fumo dagli estrogeni. Rispetto al passato il tumore al polmone colpisce sempre prima, è infatti salito il numero di casi nelle fasce d'età più giovani (40-50 anni). I medici spiegano che un fumatore che consuma 20 sigarette al giorno per 20 anni ha un rischio aumentato di ammalarsi pari al 2mila per cento, per cui se si comincia presto è possibile che la malattia si manifesti primi. Chi fuma mette a rischio anche la salute di chi gli sta intorno, il fumo passivo concorre infatti ad aumentare il rischio di tumore al polmone del 20-30 per cento.
Smettere di fumare è efficace ad ogni età, ovviamente prima si decide meglio è. Attraverso alcune indagini si è dimostrato che le ragazze che iniziano in adolescenza e abbandonano il fumo prima dei 30 anni possono tornare ben presto a livelli di rischio simili a chi non ha mai fumato. Se proprio non si riesce a smettere di fumare e si è degli accaniti fumatori, dopo i 50 anni ci si dovrebbe sottoporre a periodici controlli radiografici del torace, meglio se accompagnati anche da una TAC, per rilevare l'eventuale presenza di un tumore quando ancora si trova in uno stadio iniziale.
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