Alzheimer: terapia preventiva (vaccinazione con immunoglobulina)
I sintomi dell'Alzheimer spaventano molte persone ma in futuro questo tipo di demenza si potrebbe prevenire con una vaccinazione endovenosa di immunoglobulina. Secondo quanto sostenuto da un gruppo di ricercatori della Mount Sinai School of Medicine di New York, somministrare lentamente immunoglobuline per via endovenosa aiuterebbe a rallentare la comparsa dei sintomi dell'Alzheimer favorendo la plasticità cerebrale. I risultati dello studio che ha portato a questa conclusione sono stati pubblicati sulla rivista della Federation of American Societies for Experimental Biology (FASEB - Intravenous Vaccination Promotes Brain Plasticity and Prevents Memory Loss in Alzheimer's Disease - Aprile 2012).
La ricerca, i cui risultati sono stati presentati in anteprima a San Diego (California) in occasione dell'Experimental Biology 2012, è stata coordinata da Giulio Maria Pasinetti, professore di geriatria psichiatrica presso la Mount Sinai School of Medicine di New York e dirigente del centro di medicina integrata e sanità mentale.
Attualmente il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa progressiva incurabile, una malattia che colpisce oltre cinque milioni di persone in tutto il mondo con un esordio prevalentemente senile (solitamente oltre i 60 anni d'età). Già in passato altri ricercatori si erano concentrati sull'immunoglobulina umana per via endovenosa (IVIG) senza però ottenere nessun risultato utile. I nuovi risultati ottenuti dal team coordinato da Giulio Maria Pasinetti ridanno però speranza in quanto sembrerebbe che i fallimenti passati non erano dovuti alla sostanza in se ma ai dosaggi e la tempistica di somministrazione.
I ricercatori hanno scoperto che una somministrazione prolungata di immunoglobulina, con dei dosaggi inferiori di circa 5-20 volte rispetto a quelli somministrati nei precedenti studi, contribuisce ad attenuare la malattia e al tempo stesso favorisce la plasticità sinaptica. Secondo Pasinetti i nuovi dati forniscono una buona base di partenza per intraprendere nuovi studi che potrebbero portare alla realizzazione di un vaccino in grado do contrastare i sintomi del morbo di Alzheimer.
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