Farmaco per l'Alzheimer
I primi sintomi dell'Alzheimer, a volte difficilmente riconoscibili, non sono ben accolti dai parenti in quanto si è consapevoli che bisognerà lottare con una patologia che per ora non ha una cura. Numerosi studi accendono delle speranze che poi si dissolvono in quanto, al lato pratico, non si è ancora riusciti a mettere a punto una cura per l'Alzheimer dell'uomo che presenti degli effetti collaterali trascurabili rispetto ai benefici. Buone notizie potrebbero però arrivare da una nuova sperimentazione, almeno per quanto riguarda la tollerabilità del farmaco nell'uomo, che prevede l'utilizzo di un medicinale già in commercio. La scoperta è frutto di un lavoro condotto da un gruppo di ricercatori della Case Western Reserve University School of Medicine. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulle pagine di Science (Bexarotene Counters Effects of Neurodegenerative Disease in Mice - ApoE-Directed Therapeutics Rapidly Clear Beta-Amyloid and Reverse Deficits in AD Mouse Models - Febbraio 2012).
Il Bexarotene, presente anche in Italia e approvato agli inizi del 2000 dalla FDA, è un farmaco antitumorale utilizzato ormai da anni. Secondo quanto scoperto dai ricercatori, il Bexarotene riesce ad annullare rapidamente i sintomi dell'Alzheimer. Una sperimentazione condotta su dei topi a evidenziato come il farmaco riuscisse ad annullare il declino cognitivo, comportamentale e di memoria causato dalla comparsa di questa forma di demenza che colpisce circa il 5 per cento delle persone con 60 o più anni. Se da una parte è vero che i risultati ottenuti riguardano ancora una volta dei modelli di laboratorio e non l'uomo, c'è di positivo che si tratta di un farmaco già sperimentato sull'uomo e, di conseguenza, la seconda fase di sperimentazione potrebbe essere più veloce.
La scoperta non è stata fatta per caso, il team guidato da Gary Landreth studia da anni il morbo di Alzheimer. Quando ancora era dottorando Landreth, attualmente docente di neuroscienze presso l'università statunitense, scoprì che il principale trasportatore del colesterolo nel cervello, l'Apolipoproteina E (Apo E) facilitava l'eliminazione delle proteine beta amiloidi. Dopo varie ricerche si è scoperto che il Bexarotene contribuiva ad aumentare l'espressione di ApoE e, di conseguenza, aiutava a ripulire il cervello dalle placche tipiche della malattia neurologica. Grazie al Bexarotene si stimolano i recettori retionoidi X che controllano quanta Apo E viene prodotta.
Uno degli aspetti che ha sorpreso maggiormente i ricercatori è la velocità con la quale il farmaco ha portato dei miglioramenti. Entro sei ore dalla somministrazione del Bexarotene i livelli di beta amiloide solubili sono scesi del 25 per cento e l'effetto è durato fino a tre giorni. Nel giro di poche ore era tangibile sia il miglioramento relativo al deficit di memoria che degli altri problemi legati al morbo di Alzheimer.
Secondo gli studiosi si è di fronte ad una scoperta senza precedenti. Altri trattamenti, sperimentati sempre sui topi, avevano impiegato diversi mesi per ridurre le placche nel cervello. Gli esperti non vogliono però dare false speranze e spiegano che questo farmaco funziona abbastanza bene nei modelli murini della malattia di Alzheimer, bisognerà però verificare se agisce in modo simile negli esseri umani. C'è di buono, come accennato in precedenza, che il Bexarotene ha un buon profilo di sicurezza sull'uomo e questo aspetto potrebbe accelerare qualche tappa dei trial clinici.
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