UniversONline.it

Misteri - Il Sacro Graal - Il Sacro Graal - Quanto mito e quante speranze riposte in un oggetto immerso a tal punto nelle nebbie del mistero,

Continua
Universonline su Facebook

Il Sacro Graal

Il Sacro Graal

Quanto mito e quante speranze riposte in un oggetto immerso a tal punto nelle nebbie del mistero, da lasciare irrisolto ogni tentativo di spiegarne l'essenza e la sua enigmatica scomparsa, la cerca e le avventure leggendarie legate ad essa.

Al Graal erano attribuite proprietà  miracolose, fra cui il potere di fornire cibo a chi era senza peccato, di accecare l'impuro di cuore e di rendere muto chi si mostra irriverente in sua presenza.

Nella Queste du Saint Graal, un'opera redatta a più mani, tra i secoli XII e XIII, da autori "poeti", come li definisce Markale, troviamo l'intero ciclo arturiano, Parsifal e la leggenda del Re pescatore, e gli eventi, tratti da materiale raccolto in precedenza, che hanno caratterizzato la cerca del "calice da cui Gesù bevve durante l'ultima cena", o di qualunque oggetto la leggenda abbia parlato.

"Mai un tema come quello del Graal ha stimolato tanto la fantasia di coloro che vogliono sapere cosa ci sia dietro la cortina di fumo delle apparenze. Mai oggetto sacro è stato tanto cercato e nel contempo paventato. Certo, non è il Tesoro dei Templari. Nè sono i Pomi d'Oro delle Esperidi. Ma è comunque un oggetto misterioso la cui luce irreale inonda la notte dove tentano di ritrovarsi milioni di uomini e di donne alla ricerca di una verità . Il Graal insomma è la Pietra Filosofale di cui tutti parlano e che nessuno ha mai visto".

Il termine Graal lo si fa comunemente derivare dal latino medievale grahalis o gradalis, ossia vaso, catino, per cui è stato cristianamente identificato con la coppa, utilizzata da Gesù durante l'ultima cena e/o nella quale Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Cristo trafitto dal centurione e che questi, in compagnia di Maria Salomè, abbia portato con sè nel corso delle sue predicazioni, smarrendolo. Questa è la versione di Robert de Boron, nel suo Joseph d'Arimathie - Le Roman del Estoire dou Graal, risalente ai primissimi anni del Duecento, in cui l'autore in un'unica frase fa uso del termine Graal, testo integrato, più tardi, da un autore del XIII secolo di cui non si conosce l'identità .

Un'altra interpretazione cristiana è quella del calice, dunque, dell'ultima cena di Gesù: la tradizione graelica prende le mosse in Provenza, ed in lingua provenzale Saint Graal deriva da saingral, contrazione dei termini saing real , ossia sangue reale (di Cristo).

"La storia è bella come una favola e come tante favole contiene molte più verità  di quante l'uomo tecnologico del nostro tempo sia disposto a riconoscere" (Il grande libro del mistero)

La leggenda nasce alla fine del XII secolo, ad opera del poeta francese Chretien de Troyes, che, nel suo Perceval le Gallois ou le Compte du Graal, del 1190, introdusse nella materia del ciclo arturiano la cerca del vaso sacro, o, probabilmente, si limitò a mettere per iscritto una materia orale già  presente in quella tradizione.

La prima comparsa del calice avviene nel castello del Re pescatore, in cui il cavaliere Parsifal, che aspira alla Tavola Rotonda, dopo aver abbandonato la propria casa e la madre addolorata del distacco, giunge, ignaro della forza che ve lo abbia spinto, assistendo ad un'inusuale processione: un graal entre ses deus mains une damoisele tenoit (una damigella teneva tra le sue mani un Graal).

Il giovane cavaliere, oltre alla damigella recante il Graal, vede un ragazzo con una lancia insanguinata e due giovani con un candelabro.

La metafora è molto forte: il giovane sprovveduto cavaliere non sa interpretare la scena e perde l'opportunità  offerta di portare via con sè il sacro Graal, ritrovandosi fuori dal castello.

La metafora del vaso, inoltre, è quella del grembo materno, che sia esso della madre di Cristo, o della madre terra. Graal è qualsiasi cosa possa contenere vita, energia vitale capace di generare altra vita, in una catena magica e senza limiti spazio-temporali. E' la coppa che sfama i derelitti, che contiene il cibo spirituale di cui ogni uomo ha bisogno.

E' la metafora, inoltre, del liquido rosso (saing real) che si forma nell'alambicco dell'alchimista quando questi, durante l'Opera al Rosso, la più difficile fase dell'Arte Regia, diventa consapevole della propria purezza e dell'energia divina presente in sè.

Un'ulteriore interpretazione del termine Graal ci è stata offerta, nel 1210, dallo scrittore tedesco Wolfram Von Eschenbach che, nel suo Parzival, attribuisce quel nome non ad un calice, ma alla cosiddetta lapis exillis, che si fa derivare dal latino Lapis ex coelis, ossia Pietra (caduta) dal cielo : per l'esattezza l'autore si riferisce alla pietra di smeraldo caduta dalla fronte di Lucifero nella sua cacciata dal Paradiso.

La connotazione di pietra data al Graal, in questo caso, si ricollega alla tradizione induista in cui una pietra, l'Urna, è incastonata nella fronte di Shoiva a simboleggiare il terzo occhio, ossia il mezzo attraverso il quale è possibile vedere tutto ciò che non appare sulle retine dei nostri occhi.

Qualunque cerca umana nasce, dunque, dalla ricerca di sè, dalla sete di Conoscenza, di dissetare e colmare cosଠl'horror vacui del nostro spirito, perchè, ribadiamolo, "ci fu un tempo in cui gli uomini conoscevano Dio e i segreti della natura, e la morte non era un mistero e non incuteva terrore; tuttavia il fascino della materia, il desiderio di avere piuttosto che essere, catturò tanto profondamente l'anima degli uomini che essi, vita dopo vita, divennero sempre più materiali e, a poco a poco, dimenticarono tutto ciò che sapevano, diventando ignoranti e paurosi.

Cercarono allora di recuperare la parola perduta, ma riuscirono soltanto a costruire una scienza umana, empirica e spesso fallace, incapace di riportare l'uomo alle condizioni di beatitudine di cui godeva prima della caduta.

Con la venuta di Gesù e con il messaggio d'amore che il Maestro portò agli uomini, rinacque la speranza e fu ritrovata la via per recuperare la conoscenza.

Dall'insegnamento del Cristo prese corpo il simbolo del Graal, la coppa sacra, il vaso della conoscenza, che consente all'uomo di riallacciare il dialogo con Dio" (tratto da Il grande libro del mistero, ed. Il Mosaico).

Quanti cavalieri armati di tutto punto alla ricerca di un calice, o forse di sè stessi, in ogni parte del globo ed in ogni epoca! Scrittori, poeti, musicisti dello spessore di Wagner, drammaturghi, alchimisti o cercatori d'oro, tutte le categorie umane sono state impegnate nella cerca del Graal, "ecco perchè qualsiasi indagine sul Graal deve far intervenire diverse discipline del pensiero, tanto la mitologia quanto la teologia, la psicologia (se non la psicoanalisi), la letteratura, la storia, l'archeologia, l'antropologia, la sociologia, la filosofia in generale, e naturalmente la poesia, che forse è l'unica di tutte queste discipline a poter rendere conto, in modo sintetico, di questo sistema complesso, perchè si colloca al di fuori del discorso dogmatico. La poesia qualche volta può esprimere l'inesprimibile" (Jean Markale, Le Graal).

E' la poesia, infatti, che accompagna la ricerca interiore, di un Graal o di un'Arca dell'Alleanza qualunque, ed infatti, a dirla ancora con le parole di Markale, "sembra che gli autori di questa Queste siano tutti poeti e che abbiano avuto cura di trasmetterci prima di tutto un'opera poetica, cosa che ovviamente non è senza magia, nel senso più alto della parola".

Un articolo di: Marcello Boccia


Condividi questa pagina

Invia pagina

Cerca nel sito

Se non hai trovato quello che ti serve, o vuoi maggiori informazioni, utilizza il motore di ricerca

Seguici sui Social Network

Universonline su Facebook