Mercurio, tonno in scatola e gravidanza
I livelli di mercurio del tonno in scatola sono potenzialmente dannosi nel periodo della gravidanza, meglio quindi evitare questo alimento durante le settimane di gestazione. Diverse ricerche hanno sollevato dei dubbi se sia opportuno o meno mangiare pesce in gravidanza a causa del mercurio, studi che pongono diversi dubbi alle future mamme. Quello che bisogna sapere è che non tutto il pesce è uguale e i livelli di mercurio possono variare di molto da specie a specie, dall'area dove è stato pescato e dal tipo di conservazione. Una nuova indagine condotta da Consumer Reports, un magazine americano dedicata ai consumatori, suggerisce di non mangiare il tonno in scatola in gravidanza.
La Food and Drug Administration (FDA) da un po' di tempo raccomanda alle donne in cinta, a quelle che stanno allattando, a quelle che pianificano una gravidanza e ai bambini, di non mangiare determinati pesci a causa dell'elevato quantitativo di mercurio presente in essi. I pesci più pericolosi, a causa delle alte dosi di mercurio, sono il pesce spada, lo sgombro reale e lo squalo (un pesce che di sicuro non fa parte della dieta mediterranea). Gli esperti del Consumer Reports spiegano che la FDA ha inserito il tonno in scatola nella lista dei pesci che le future mamme possono mangiare ma i livelli contenuti in esso potrebbero essere comunque potenzialmente dannosi, meglio quindi evitarlo almeno nel periodo della gravidanza.
Jean Halloran (Director of Food Policy Initiatives for Consumer Union) spiega che il tonno in scatola è molto consumato negli USA, il suo consumo è secondo solo ai gamberetti, per questo motivo anche se ha dei livelli di mercurio inferiori rispetto ad altri prodotti ittiche, come ad esempio il pesce spada, il suo consumo è potenzialmente dannoso. Probabilmente nel nostro Paese il consumo di tonno in scatola non è paragonabile a quello degli Stati Uniti, ciò nonostante è consigliabile evitare questo alimento almeno nei nove mesi di gestazione.
In base a quanto scoperto da un gruppo di ricercatori dell'Università delle Hawaii, anche il pesce di una stessa specie, ma di diversa provenienza, può contenere livelli di mercurio pericolosi per i consumatori. I risultati dello studio sono stati pubblicati su PLoS One (Seafood Substitutions Obscure Patterns of Mercury Contamination in Patagonian Toothfish [Dissostichus eleginoides] or "Chilean Sea Bass" - doi: 10 1371 / journal pone 0104140 - Agosto 2014).
Secondo Peter B. Marko, biologo e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista scientifica PLoS One, alla luce dei dati raccolti sarebbe auspicabile che l'etichetta sia il più precisa possibile per consentire ai consumatori una scelta cosciente di quello che si sta per mangiare. Un'errata etichettatura, o un'etichetta con informazioni parziali, potrebbe causare l'esposizione indesiderata a sostanze inquinanti nocive come il mercurio.
Nel corso della ricerca si è scoperto che il mercurio rilevato differiva significativamente a seconda della provenienza del pesce. Grazie ai risultati di diversi studi molti consumatori oggi sono consapevoli del fatto che i livelli di mercurio variano a seconda del pesce, quello che però non sanno è che la presenza di questo metallo tossico può variare anche nella stessa specie di pesce a seconda della provenienza geografica. Peter B. Marko spiega che l'accumulo di mercurio varia a seconda dell'area geografica di pesca, in base a una serie di fattori ambientali, la posizione in cui il pesce è stato pescato conta quindi molto.
Per tutelare la salute, soprattutto in casi particolari come la gravidanza, sarebbe opportuno informarsi anche sulla presenza di eventuali inquinanti, come ad esempio il mercurio, nell'area geografica di pesca. Almeno questo tipo di controllo dovrebbe essere effettuato dagli enti preposti alla tutela dei cittadini, in questo modo il consumatore finale può preoccuparsi solo della presenza di mercurio presente in una specifica specie.
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